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"Se cade il governo subito alle elezioni"

Il premier Silvio Berlusconi

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In serata Silvio Berlusconi è sereno. Attende il voto di fiducia sicuro che il governo ce la farà anche questa volta. La giornata è stata lunga. Ma il premier ha conquistato il primo round. Senza l'opposizione, che ha deciso di restare fuori dall'Aula, l'atmosfera è irreale. Il premier evita le polemiche e guarda avanti. Nessun «passo indietro», conferma. Del resto, aggiunge, a questo governo «non c'è alternativa» e le elezioni anticipate non risolverebbero i problemi del Paese. Se poi dovesse passare la mozione di sfiducia: «La parola deve tornare agli elettori». Berlusconi non minimizza la sconfitta della maggioranza due giorni fa sul rendiconto 2010, anzi ne riconosce la «gravità». Lo definisce un «incidente parlamentare» che non può avere «improprie conseguenze sul piano istituzionale». Poi indica la strategia: dopo la fiducia, l'esecutivo presenterà un nuovo rendiconto. Così si sanerà la «situazione anomala che si è creata». Berlusconi tende la mano a quelli che vorranno «discutere di proposte concrete dando prova di responsabilità civile». Poi si concentra sul Quirinale. Se in altre occasioni ne aveva sottolineato il puntiglio, stavolta cambia toni e plaude a Giorgio Napolitano: «La vigilanza del presidente della Repubblica» sul rispetto delle regole, dice il premier, «è impeccabile». Il Capo dello Stato, sottolinea ancora Berlusconi, «sorveglia e regola il funzionamento delle istituzioni e stimola i soggetti della politica senza fare politica». Poi torna sull'alternativa che non c'è. Non è soltanto «un fatto aritmetico». Per il premier l'opposizione è «unita solo dall'antiberlusconismo» e sempre pronta a una «campagna demolitrice». Inoltre, nota guardando i seggi vuoti, «oggi è addirittura sparita». In ogni caso è «divisa su tutto» e non sarebbe in grado di dar vita a un «esecutivo di ricambio». Ne ha anche per un eventuale esecutivo tecnico: «È finita l'epoca in cui i governi li faceva una casta di capipartito. Oggi i governi li fanno gli elettori scegliendo un simbolo sul quale è scritto il nome del candidato premier». Per questo, se il suo governo cade si dovrà tornare alle elezioni: «Questo è il sale della democrazia, nell'epoca del bipolarismo, e questa è la regola che, smentita da pasticci e ribaltoni anche in epoca recente, dobbiamo invece preservare se non vogliamo che vinca il partito degli sfascisti». C'è una crisi profonda, il Paese ha un debito pubblico «enorme» che però «è stato reso sostenibile da questo governo, che ha garantito un avanzo primario da primi della classe». L'Italia «è un sistema vitale» e «ce la farà». «Il nostro governo - continua Berlusconi - andrà avanti senza farsi condizionare da nulla se non dalla Costituzione e dalla responsabilità europea». E a chi chiede un «passo indietro», Berlusconi replica: «Non accondiscenderemo mai a questa richiesta». Tanto più che un governo tecnico che gli subentrasse non avrebbe «più forza» nel prendere le decisioni, anche «impopolari», che serviranno per «mettere al riparo l'Italia dalla crisi economica». La strada per il rilancio è segnata: la manovra estiva garantirà il pareggio di bilancio nel 2013. Ma ora bisogna dedicarsi allo sviluppo. Berlusconi assicura un provvedimento efficace. Non risparmia una stoccata al ministro Tremonti: «Una politica di rigore senza la crescita rischia di condurre alla stagnazione e al peggioramento dei conti pubblici. Noi vogliamo sconfiggere la strategia della paralisi e del pessimismo, e con il decreto sviluppo metteremo un mattone nel muro contro la sfiducia». Dunque, direzione riforme: quella istituzionale, per garantire a chi governa di poter «agire rapidamente», quella fiscale («ridurre il carico del fisco sui soliti noti e portare gli evasori nell'area dei virtuosi») e, infine, la riforma della giustizia, per «porre fine all'uso politicizzato che ne viene fatto». La maggioranza, al completo, applaude ripetutamente. In serata i fedelissimi del premier ostentano ottimismo. In attesa di farcela ancora una volta.

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