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Amanda è volata via

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con la sua verità Alfano attacca i giudici Critiche ai magistrati anche da Pannella «Tanti in carcere senza commettere reati»

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Nellasua Seattle. Quando arriva, in Italia è già notte. In America sono più o meno le cinque del pomeriggio e lei fa ancora in tempo a vedere il sole tramontare sul lago Washington. È libera. Il carcere di Perugia è ormai solo un brutto ricordo. La studentessa americana ha trascorso la sua prima notte da «innocente» in un hotel del litorale romano, a Ostia, con la sua famiglia. Poi, di buonora, è stata portata all'aeroporto di Fiumicino. Ha i capelli raccolti, non un filo di trucco. È stanca, stralunata. Non sorride. Indossa dei leggings neri, un cardigan grigio e una maglia scura. Vuole tornare ad essere una ragazza qualunque. Invece, ad aspettarla, ci sono fotografi e giornalisti di tutto il mondo. Gli uomini della polizia di frontiera cercano di depistarli. Lei sbriga in pochi minuti le pratiche burocratiche, poi si rifuggia in una saletta vip vicina al gate. La partenza del volo BA 553 che la porterà a Londra è prevista alle 11.45. Manca ancora più di un'ora. È un'attesa infinita. Quando poi (gli altri passeggeri sono già tutti a bordo) tocca alla famiglia Knox imbarcarsi, Amanda realizza che è davvero tutto finito. Sale sulla scala mobile e il suo viso si illumina. Finalmente sorride, come fosse sulle montagne russe. A Londra la aspetta lo stesso trattamento: procedura di accesso riservato, al riparo dalle telecamere. A Heathrow la studentessa americana viene ospitata nella Windsor Suite, usata normalmente da membri della famiglia reale. Poi, intorno alle 17 locali, riparte. Destinazione Seattle. Adesso l'Italia è lontana. Amanda ha già fatto sapere che un giorno ritornerà. Ha deciso di conservare con sé quello che di bello ha ricevuto, qui da noi. Prima di andare, indirizza alla Fondazione Italia Usa - sempre al suo fianco durante i quasi quattro anni di detenzione - una lettera per gli italiani. «A tenermi la mano e a offrirmi del sostegno e del rispetto attraverso le barriere e le controversie - scrive - c'erano degli italiani. C'era la Fondazione Italia Usa, e molti che hanno condiviso il mio dolore e che mi hanno aiutato a sopravvivere con speranza. Sono sempre grata della loro premurosa ospitalità e del loro coraggioso impegno. Chi mi ha scritto, chi mi ha difesa, chi mi è stato vicino, chi ha pregato per me. Vi sono sempre grata. Vi voglio bene. Amanda». A essere stato vicino alla studentessa americana fino al giorno della sentenza, tra gli altri, c'è Rocco Girlanda. Il presidente onorario della fondazione Italia Usa lunedì è andato due volte in carcere a trovare la Knox. La prima intorno all'ora di pranzo, quando i giudici che avrebbero deciso del suo destino erano ancora riuniti in camera di Consiglio. «Amanda era stranamente tranquilla - racconta il deputato Pdl - L'ho trovata in cappella che cantava e suonava la tastiera insieme a Don Saulo. Mi ha spiegato di essere più agitata rispetto a quando aspettava la sentenza di primo grado. Anche allora sapeva di essere innocente, ma gli avvocati l'avevano preparata a una condanna». «Mi sono resa conto davvero esser stata condannata a 26 anni di carcere quando ho visto mia sorella scoppiare in lacrime - racconta Amanda all'amico Girlanda - Stamattina mi è tornata in mente quell'immagine e ho avuto paura». Il deputato Pdl è tornato poi a trovare la ragazza un minuto prima che lasciasse il carcere. «Era agitatissima - ricorda - La prigione si è trasformata come in uno stadio: c'è un giardino centrale che divide il padiglione maschile da quello femminile. Alle finestre, quando siamo passati, si sono affacciati tutti gli altri detenuti. "Libera, libera, libera", gridavano». Già, «libera». Amanda inizia oggi la sua nuova vita. In Italia, invece, l'omicidio di Meredith Kercher riapre vecchie ferite. La sentenza della Corte d'appello ha completamente ribaltato il giudizio di primo grado. La Knox è «innocente». Far scontare quasi 4 anni di carcere a chi «non ha commesso il fatto» è un errore di non poco conto. «La sentenza di assoluzione per Amanda Knox e Raffaele Sollecito fa pensare che in Italia per gli errori giudiziari nessuno paga - attacca l'ex Guardasigilli Angelino Alfano - Se la detenzione di Amanda è stata ingiusta, chi la risarcirà? Chi pagherà mai?». Amanda Knox e Raffaele Sollecito «tutto sommato sono stati fortunati - rincara la dose Marco Pannella - la pressione internazionale e il fatto di provenire da due famiglie di un certo tipo hanno accorciato i tempi di un sistema lentissimo». Se non ci fossero stati questi due fattori in gioco, spiega il leader dei Radicali, i due ex fidanzatini «avrebbero scontato 6-7 anni da innocenti. Ci sono migliaia di persone nelle loro condizioni, rinchiusi nei penitenziari per reati mai commessi». Non bastasse, sembra che gli errori commessi dalla Giustizia italiana nel caso Meredith non siano finiti. Secondo i difensori di Sollecito ci sarebbero, infatti, ventotto telefonate (avvenute tra il 3 a il 4 novembre 2007 tra Sollecito, suo padre Francesco, e la Knox) di cui non si ha più traccia e una inesattezza commessa dal gip Matteini su una data. La verità è sempre più lontana.

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