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Romano è salvo e attacca i giudici

Il ministro delle Politiche Agricole Francesco Saverio Romano

Il Pd sfiducia i radicali "astenuti"

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Il ministro delle Politiche Agricole Francesco Saverio Romano è salvo. L'aula della Camera ha respinto con 315 voti contrari e 294 a favore la mozione di sfiducia individuale presentata dalle opposizioni Pd-Idv-Fli immediatamente dopo la decisione del Gip di Palermo di ordinare alla Procura il rinvio a giudizio del ministro per concorso in associazione mafiosa. Una votazione alla quale hanno preso parte 609 deputati. Contro la sfiducia hanno votato le forze di maggioranza: Pdl, Lega e Popolo e Territorio (Responsabili). A favore le opposizioni: Pd, Idv e Terzo Polo (Udc, Fli e Api). Mentre sono i sei deputati Radicali eletti tra i Democratici (ed iscritti al gruppo Pd), non hanno partecipato al voto. Infatti pochi minuti prima della conta, con una mossa a sorpresa degna del miglior Marco Pannella, in tre si sono alzati in rapida successione durante le dichiarazioni di voto. E siccome avevano un solo minuto a testa, hanno letto un unico discorso spezzato in tre tronconi, come fosse una sequenza di un filmato. Una situazione che ha fortemente imbarazzato i "colleghi" di partito ma che non ha minimamente stravolto l'esito della votazione. Infatti i loro sei voti non sarebbero comunque stati determinanti per mandare a casa il ministro. Ma che la giornata di ieri sarebbe stata una passeggiata per Saverio Romano si era capito già da giovedì della scorsa settimana, quando la Camera aveva già detto "no" all'arresto di Marco Milanese, deputato del Pdl e ex braccio destro di Giulio Tremonti. Eppure, nonostante i buoni presagi, il ministro per le Politiche agricole, prima di entrare in Aula, aveva voluto comunque avere rassicurazioni parlando a quattr'occhi con il collega leghista Roberto Calderoli. Un faccia a faccia che ha permesso a Romano di presentarsi in Aula e pronunciare un'autodifesa politica: «Io in questi giorni - ha esordito davanti all'Assemblea - sono stato oggetto di una campagna di aggressione che non auguro a nessuno, spesso con delle grossolane inesattezze». E, mentre dai banchi del Governo il ministro si sfogava usando un tono che assomigliava molto a un'arringa, la strategia era quella di presentarsi come vittima di una manovra politica ad opera di una «pattuglia sparuta» di giudici: «Ritengo che in questa occasione, anziché ostinarci a guardare il dito, sarebbe il momento di guardare alla luna. Vi è una perdita più o meno consapevole della centralità del Parlamento nel nostro sistema democratico». In altre parole: non è in gioco Romano, ma, quel voto di sfiducia, si stava per trasformare in una difesa a spada tratta di quella politica sempre più spesso assediata da alcuni magistrati che travalicano il proprio ambito. «L'ordine giudiziario nel tempo è diventato centrale nella vita democratica del nostro Paese: ha soverchiato il Parlamento e ne vuole dettare le scelte». Gli accenni al merito della vicenda sono pochi, usati solo quando servono a sostenere la tesi della manovra politica: «Se ci fosse stata un'indagine, come dire... "calda", non avrei pensato due volte a inchinarmi al giudizio. Qui si sta parlando invece di un'indagine che era diretta al macero: tutto d'un tratto si riscopre che c'è la necessità non già di approfondire le lacune, ma che quell'indagine stessa, attraverso una disposizione logico-deduttiva, può essere utilizzata per rimandare Romano a processo». E il motivo di questo ripensamento è chiaro: Romano è stato tra i «Responsabili» che hanno puntellato il Governo lo scorso anno e se anche queste sono le conseguenze, io sono disposto ad accettarle» perché «questa mozione di sfiducia è odiosa». Una sfiducia che comunque ha avuto il merito di rinserrare le file della maggioranza con una Lega al completo ben rappresentata da un Umberto Bossi che nel corso del dibattito si è seduto accanto al ministro dell'Agricoltura. Eppure, nonostante la felicità per l'ennesimo scoglio superato, è lo stesso premier a mostrarsi amareggiato. Oggi compirà 75 anni e i parlamentari del Pdl ieri hanno deciso di festeggiarlo alla Camera, subito dopo il voto su Romano. Lui in un primo momento ha cercato di rispondere con sorrisi e strette di mano ma senza nascondere la sua amarezza per l'attuale situazione. «Non c'è niente da festeggiare - ha raccontato ai suoi riferendosi anche alle inchieste e agli attacchi di una parte della magistratura - mi stanno preparando un bel regalo...».

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