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L'alternativa sembra Crozza

Il segretario del Partito Democratico Pier Luigi Bersani

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D'accordo, il governo e la maggioranza, per quanto forti di una cinquantina di votazioni di fiducia superate in Parlamento, che hanno pur sempre il loro valore, non godono di buona salute. Né ha contribuito a migliorarla la Lega domenica a Venezia. Ma le opposizioni non stanno meglio. E che non stiano meglio proprio mentre le difficoltà degli avversari crescono sotto i colpi delle solite Procure, che sequestrano e immobilizzano l'agenda politica, è una circostanza aggravante della crisi in cui si dibatte non tanto il governo quanto il sistema. Una crisi di fronte alla quale ci vuole la faccia tosta di Pier Luigi Bersani per continuare a indicare, come ha fatto di nuovo ieri, nelle dimissioni del Cavaliere la via di uscita da tutto: evidentemente anche dai guai del maggiore partito di opposizione. Dove il marasma cresce ogni volta che il suo segretario apre bocca o si muove. Nei giorni scorsi egli ha prima tentato di sottrarsi, per un sussulto di dignità e di chiarezza politica, a un appuntamento già dato ad Antonio Di Pietro a Vasto, sentendosi giustamente offeso dal "flaccido" ricevuto per non avere votato alla Camera una pregiudiziale di incostituzionalità proposta dall'ex magistrato contro l'ultima manovra finanziaria. Poi è corso lo stesso da lui a sancire, con la partecipazione di Nichi Vendola, il concepimento di un "nuovo Ulivo". Per festeggiare il quale Di Pietro, distraendosi un attimo dall'impresa contestatissima nel suo stesso partito di candidare il figlio Cristiano alle elezioni regionali molisane di metà ottobre, ha dato della escort politica a Pier Ferdinando Casini. Che gli ha risposto per le rime rinfacciandogli i soldi che da pubblico ministero restituiva dentro scatole da scarpe a indagati dai quali sosteneva di averli avuti in prestito, senza interessi di alcun tipo. Bersani, che formalmente non ha rinunciato a sperare di potersi alleare prima o poi anche con Casini, ci è rimasto per un po' di m... per usare un termine carpito a Silvio Berlusconi in una delle sue imprudenti telefonate in cui parlava di questo strano Paese, in cui intercettare le conversazioni del capo del governo, e spiarne le pulsioni sessuali, è ormai diventato un gioco da ragazzini. Poi il segretario del Pd ha cercato di riprendersi tornando a lanciare segnali premurosi al leader dell'Udc, e a tempo perso anche del cosiddetto terzo polo. Ne ha metaforicamente pettinato i capelli, come se fossero quelli delle bambole che il comico Maurizio Crozza evoca quando lo imita. La infelice missione a Vasto è naturalmente bastata ed avanzata per fare scendere ancora nel Pd la credibilità di un segretario già molto indebolito dalle disavventure giudiziarie del suo ex braccio destro Filippo Penati. Del quale è bastato che cominciasse ad occuparsi la Procura di Monza e non più quella di Milano, troppo presa a sorvegliare le frequentazioni femminili di Berlusconi, per scoprire anche un'autostrada di strani affari rossi: quella di Serravalle. In questa situazione, con un partito nel quale sono tornati a spirare venti di scissione per protesta contro il rapporto privilegiato con Di Pietro e Vendola, non si capisce proprio di quale nuovo governo Bersani possa reclamare la formazione per liberarsi del Cavaliere e affrontare, fra l'altro, i nodi della crisi economica e finanziaria. E quali misure possa mettere in cantiere per risultare più "credibile" di Berlusconi con la Banca Centrale Europea e dintorni. Può solo pettinare bambole e smacchiare giaguari, per rimanere a Crozza.  

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