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Governo fino al 2013? Bossi: troppo lontano

Umberto Bossi, della Lega Nord

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«Che l'Italia vada a fondo lo hanno capito tutti per questo bisogna puntare su qualcosa di alternativo: la Padania». Dalla vetta del Monviso, dove si celebra il tradizionale rito della raccolta di una ampolla d'acqua alle sorgenti del Po per la "Festa dei popoli padani", Umberto Bossi torna ad agitare lo spauracchio della secessione ma soprattutto spaventa il Pdl: «Il governo regge per adesso», dice. Ma il 2013 come data per il voto «mi sembra troppo lontana». Un vero e proprio avvertimento che spinge Silvio Berlusconi a 'ricordarè che le elezioni si terranno tra due anni. Il senatur cerca di dare una risposta all'insofferenza della base leghista, sempre più in fibrillazione per i tagli della manovra. Le contestazioni raggiungono Bossi anche alle sorgenti del Po con un gruppo di contestatori 'padanì che espongono provocatoriamente un striscione "Io sto con Tosi", il sindaco "ribelle" di Verona. Così il 'capò rispolvera i temi della 'Lega delle originì, quelli della secessione, di Roma Ladrona. L'obiettivo è ricompattare il partito in tre giorni, durante il viaggio sulle rive del Po che lo porterà domenica a Venezia. La folla sul prato di Pian del Re sembra attendere soltanto questo: urla «secessione, secessione», come due mesi fa a Pontida. Stavolta Bossi è pronto: «Abbiamo ottenuto il federalismo ed i contratti territoriali» con i quali ci sarà «uno stipendio diverso Regione per Regione. Questi due passaggi spingeranno verso un grande cambiamento». Il leader lumbard invita alla cautela ma non soffoca, come in altri momenti, le aspirazioni secessioniste della base: «Certi passi vanno fatti in favore della storia, quando la storia lo permette - spiega - Altrimenti c'è il caos e si crea una guerra inaccettabile». Ma poi avvisa: «Dopo la crisi non c'è possibilità per il Nord di mantenere Roma e tutto l'assistenzialismo del Sud». Bossi deve ricompattare la base ma anche il suo partito, alle prese con le polemiche tra i 'cerchistì e i 'maronianì, rese evidenti dall'articolo pubblicato ieri dal settimanale Panorama con un attacco a Manuela Marrone: la moglie del leader leghista è accusata senza mezzi termini di aver creato una rete intorno al marito per preservare il ruolo di successore alla guida della Lega per il figlio Renzo. «È un danneggiamento nei confronti della mia famiglia. Sono degli stronzi», sbotta Bossi che difende la moglie: «Ma figurati, è una brava». Ma non a caso, proprio sul Monviso, arriva la "incoronazione" del "Trota": «Io verrò qui tutti gli anni e dopo di me verrà mio figlio che oggi ho portato qui con me», sottolinea il ministro. «Meno male che c'è Renzo», insiste nel corso dei suoi interventi riconoscendogli in merito di averlo spinto «alla cautela e a non intervenire sul giro della Padania».   Poi il leader del Carroccio chiama in causa il ministro Roberto Calderoli: «È il mio braccio destro a Roma - afferma il senatur - ed è un grande lavoratore».  Bossi non guarda solo al partito e così interviene sulle dinamiche di maggioranza: «Anche ieri hanno tentato di intervenire sulle pensioni. Era una cosa ingiusta, ci siamo opposti e non c'è stato modo» di farci cambiare idea. Se la prende ancora una vota con Brunetta: «Non capisce un cazzo - dice - e per questo Bankitalia chiama lui: perchè si lascia convincere» sul ritocco della previdenza. Chiama in causa anche Berlusconi. Prima lo difende dicendo che «bisogna finirla di intercettare la gente», ma poi esclude un decreto legge perchè «il presidente della Repubblica non lo vuole».

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