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Unipol-Bnl: accusano il più intercettato

Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi

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Imputato con l'accusa di concorso in rivelazione di segreto di ufficio. Nel calderone delle inchieste che riguardano Silvio Berlusconi finisce anche l'affaire Unipol-Bnl, quello che tutti ricordano con la telefonata tra l'allora segretario dei Ds Piero Fassino e il presidente di Unipol Giovanni Consorte che si concludeva con il famoso «allora abbiamo una banca?». Cosa c'entra il premier? Secondo il gip della Procura di Milano Stefania Donadeo, sarebbe stato il Cavaliere a procurarsi il file audio di quella telefonata, che non era ancora stata messa negli atti dell'inchiesta, e girarla poi a «Il Giornale» che la pubblicò il 31 dicembre del 2005. Facendo scoppiare un putiferio politico a pochi mesi dalle elezioni politiche che poi vinse il centrosinistra con Prodi. Della richiesta di archiviazione nei confronti del premier presentata dai pm, il giudice per le indagini preliminari ha accettato solo quella di ricettazione. Ha invece chiesto ai pubblici ministeri di presentare un imputazione per il reato di concorso, insieme al fratello Paolo, in rivelazione del segreto di ufficio. E per il Cavaliere può diventare l'ennesimo processo. Ma le accusa il gip le motiva solo con una serie di «deduzioni logiche». Cioè con il fatto che quella notizia poteva aiutare Berlusconi a vincere le elezioni.   «La pubblicazione della notizia (il contenuto dell'intercettazione tra Piero Fassino e Giovanni Consorte ndr) proprio dopo e solo dopo l'ascolto da parte di Silvio Berlusconi, come volevano tutti, (gli imprenditori Fabrizio Favata e Roberto Raffaelli ndr) – scrive il gip – i ringraziamenti seguiti da parte di Berlusconi, costituiscono dati di fatto storicamente provati che logicamente interpretati rendono necessario l'esercizio dell'azione penale anche nei confronti» del premier. E ancora: «Non si può e non si deve escludere che (...) Raffaelli (il titolare dell'azienda che si occupava delle intercettazioni ndr) oltre a far ascoltare le conversazioni abbia anche consegnato la chiavetta al presidente, il quale l'avrebbe ricevuta ringraziando». Tale condotta, secondo il giudice per le indagini preliminari, «ancor più evidenzierebbe il suo favore per la pubblicazione». Ma da chi era arrivata la denuncia nei confronti del premier? Da Di Pietro, il quale ieri non ha perso occasione di gongolare: «Credo sia giusto che ci sia un processo per accertare un fatto che nella sua materialità è evidente, cioè che "Il Giornale" ha pubblicato un'intercettazione che sicuramente ha fatto male all'allora segretario dei Ds, ossia Fassino». La replica è arrivata da Niccolò Ghedini, l'avvocato del premier: «La decisione è assolutamente incredibile. In un Paese dove tutti i giorni vengono illecitamente pubblicati decine e decine di atti di indagine e intercettazioni, dove la stampa viene avvisata prima degli interessati e dei difensori di ciò che accade nei processi e dove la violazione del segreto è la regola così come la assoluta impunità, si pretende di mandare a giudizio il presidente Berlusconi che è stato centinaia di volte vittima di tali comportamenti. Non c'è dubbio che il giudice del dibattimento non potrà che pronunciare un'immediata sentenza di assoluzione». Il giudice ha ordinato al pm di iscrivere tra gli indagati anche Maurizio Belpietro, all'epoca direttore del Giornale, per omesso controllo nella rivelazione del segreto d'ufficio.

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