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Lepore prepara la polizia per portare Silvio dai pm

Il procuratore della Repubblica di Napoli Giandomenico Lepore

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O con le buone, o con le cattive. Il primo appuntamento, fissato per ieri a Palazzo Chigi, è saltato a causa del viaggio di Silvio Berlusconi a Bruxelles e Strasburgo. Ma non accadrà più. Il premier, parte lesa nel procedimento sulla presunta estorsione messa in atto da Gianpaolo Tarantini e Valter Lavitola, non può sottrarsi al faccia a faccia con i magistrati. E se necessario si procederà all'«accompagnamento coatto». A dirlo non è un personaggio qualunque, ma il procuratore di Napoli Giovandomenico Lepore che, intervenendo a Radio 24, parla a lungo dell'inchiesta «scivolando» qua e là su elementi non proprio marginali. E siccome il linguaggio giuridico non ammette errori, la polemica è assicurata. Per Lepore, ad esempio, quello presentato ieri dai legali del premier «non è un memoriale ma una memoria difensiva». Puntualizzazione che scatena l'immediata la reazione del deputato Pdl Amedeo Laboccetta: «La lingua ha tradito il suo pensiero o siamo in presenza del classico lapsus freudiano. La conferma che a Napoli i magistrati intendono sentire il presidente Berlusconi come testimone ma di fatto hanno già deciso che deve essere indagato». Eventualità che Lepore non esclude totalmente: «È parte lesa, non indagato. Naturalmente se lui desse una versione che contrasta con alcuni elementi obiettivi che abbiamo a disposizione, allora bisogna che una delle due posizioni prevalga sull'altra. Quindi naturalmente c'è questa possibilità, ma fino a un certo punto». Tornando alla «memoria difensiva», il procuratore spiega che «sarà depositata al Riesame perché potrebbe essere utile alla difesa degli indagati, in particolare di Valter Lavitola», ma aggiunge comunque che «non basta». «Noi abbiamo elementi per pensare che ci sia un'estorsione - aggiunge - e la vittima, il premier, nega l'estorsione, quindi dobbiamo sapere i particolari. La memoria difensiva non basta perché è una versione unilaterale, vanno fatte le domande e ci sono fatti specifici da contestare. Le controdeduzioni con domande da parte dei magistrati sono necessarie per fare chiarezza, non per senso di persecuzione nei confronti di qualcuno».  Ergo, prosegue il procuratore, siccome «nessun cittadino si può sottrarre a suo piacimento all'esame da parte dei magistrati», Berlusconi deve scegliere: o fissare un nuovo appuntamento nelle quattro date indicate dai pm (15, 16, 17, 18 settembre dalle 8 alle 20), o verrà valutato l'«accompagnamento coatto». L'ipotesi è contemplata nell'atto di citazione che ieri è stato notificato ad Arcore anche se il presidente emerito della Corte Costituzionale Piero Alberto Capotosti non esita a definirlo un «azzardo». Ciò nonostante Lepore non sembra disponibile a fare passi indietro: «Non credo che il premier stia fuggendo dai magistrati, comunque non si è presentato. Quella dell'accompagnamento coatto è un'ipotesi prevista dal codice per tutti i testimoni; i deputati, ovviamente, hanno le loro garanzie, cioè questa eventualità deve essere autorizzata dalla Camera di appartenenza. Abbiamo indicato le date per un altro incontro. Se anche in questo caso non dovesse essere disponibile o gli forniremo ulteriori date, o valuteremo in quel momento». Ma la versione del procuratore, tra «memorie difensive», «accompagnamenti coatti» e «testimoni» a rischio di diventare «indagati», non piace al Pdl che, con Enrico Costa e Manlio Contento, ha presentato un'interrogazione al Guardasigilli Francesco Nitto Palma per chiedergli di mandare subito gli ispettori a Napoli. Le indagini, scrivono, sembrano per lo più «orientate contro il presidente del Consiglio. La dichiarazione secondo la quale "la memoria difensiva" del premier "non basta" e la decisione dei pm di sollevare dal segreto professionale i difensori di un indagato (il riferimento è alle audizioni degli avvocati di Gianpaolo Tarantini ndr) quando secondo l'articolo 200 del codice penale questo toccherebbe al giudice, fanno supporre che ci si trovi di fronte ad una palese violazione del diritto di difesa finalizzata a raccogliere, travolgendo le regole processuali, ma in sintonia con le dichiarazioni del procuratore capo di Napoli, "fatti specifici da contestare" alla vittima del reato, rendendo lecito il dubbio che in concreto le indagini siano orientate contro il presidente del Consiglio». Palma, che aveva già avviato accertamenti preliminari su un'eventuale fuga di notizie, deciderà dopo le opportune verifiche che, a questo punto, prenderanno in esame anche le audizioni dei due legali di Tarantini. Non solo, ma a breve potrebbe arrivare anche un'altra interrogazione sulla telefonata tra il premier e Lavitola, pubblicata dall'Espresso, che però, come anticipato dal Tempo, secondo i legali dell'imprenditore barese, non sarebbe negli atti dell'indagine. Intanto ieri sera a Roma, i sostituti Francesco Curcio, Vincenzo Piscitelli e John Henry Woodcock, hanno interrogato, come persona informata sui fatti, l'avvocato di Berlusconi e deputato del Pdl Niccolò Ghedini. Secondo Tarantini, infatti, il parlamentare-avvocato sarebbe stato a conoscenza dei soldi che Berlusconi elargiva all'imprenditore tramite Lavitola.

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