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Fini ci riprova: «Siamo alla fine del berlusconismo»

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Ilpresidente della Camera ha appena terminato il suo intervento alla 30esima Festa del Tricolore a Mirabello e, prima di mettersi a tavola nell'area della festa allestita da Fli, rassicura i militanti che lo invocano: «Tranquilli, tranquilli»; non una parola di più. Gianfranco Fini, ad un anno dalla rottura con Silvio Berlusconi («che fai? Mi cacci?») rivendica la sua distanza dall'attuale governo, che critica a più riprese, lancia il terzo polo alla guida del Paese, incoraggia la raccolta di firme per il referendum contro il «Porcellum» ed elogia l'operato di Napolitano. Chi si aspettava le dimissioni dalla terza carica dello Stato per rimarcare ancora di più la distanza dal premier, va a casa deluso: «Quello è solo l'auspicio de Il Giornale». Sono non più di tremila gli ex di An arrivati nella nuova area dove è stata allestita quest'anno la Festa del Tricolore, dopo che il Pdl locale ha «scippato» la storica piazza del piccolo comune nel ferrarese. «Questa sarà la nostra location anche il prossimo anno - ha detto l'organizzatore storico della festa Vittorio Lodi, suscitando ovazioni da stadio - e speriamo di non avere più questo premier alla guida del Paese». Non è pacato nei toni nemmeno Fini quando si rivolge a Berlusconi: «Nessuno può dire che è la causa di quella difficoltà di coesione nazionale che oggi si registra. Ma un certo modo di concepire le istituzioni e certe abitudini non solo non hanno rafforzato la coesione, ma hanno rischiato di indebolirla». Attacchi anche alla Lega Nord: il suo «predominio nel governo - ha detto in un passaggio - rischia di sfilacciare la coesione nazionale. Il Nord non ha bisogno dell'ampolla, delle camicie verdi, della Padania, ma di un governo in grado di governare». Soltanto Napolitano si salva: «Credo ci sia la necessità, in questa fase della nostra storia, di parlare il linguaggio della responsabilità, dell'unità nazionale, dell'unità per uscire dalla crisi. E ringrazio il presidente della Repubblica perché non perde occasione per dire che c'è un altro modo di concepire le istituzioni rispetto a chi le usa per raggiungere determinati obiettivi, e non sempre nobili». Completamente bocciata la manovra che è ora in discussione alla Camera, che il leader di Fli identifica come il gioco del Monopoli alla sua quarta riscrittura. «L'elettorato del centrodestra non è un club di milionari. Se si rifiuta l'idea di tassare i redditi particolarmente elevati, se si considera offensivo per l'elettorato di centrodestra la patrimoniale e si preferisce tagliare a enti locali, si dimostrano di non capire che l'elettorato di centrodestra è anche fatto di pensionati e lavoratori». Fini non fa il passo più lungo della gamba: «Fermo restando il mio dovere di imparzialità come presidente della Camera - dice quasi al termine del suo intervento - non c'è dubbio alcuno che ci incontreremo sempre più nelle piazze, ovunque si possa ridare forza al popolo di centrodestra». Ora è tempo che «il Terzo polo si candidi a guidare il Paese o altrimenti non farà breccia nel cuore del Paese». Non pensa ad un partito, piuttosto ad un «movimento» che dovrà essere capace «di smuovere idee nuove e spiazzare gli avversari» e in particolare «il berlusconismo che è al tramonto. Non si sa quando calerà il sipario, ma di sicuro siamo alla fine di un regno». Prima di affrontare i suoi a Mirabello Fini, assieme alla compagna Elisabetta Tulliani, ha visitato la mostra «Gli anni folli» allestita al Palazzo Diamanti di Ferrara, accompagnato da Dario Franceschini e il sindaco della città emiliana Tiziano Tagliani. Poi un ricordo dell'11 settembre: «Quel giorno ricordo l'enorme sgomento per le immagini televisive che sembravano più un film che la realtà».

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