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Le pene di Penati

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Filippo Penati

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Si allunga la lista di accuse a carico di Filippo Penati. Da ieri l'esponente del Pd è infatti indagato per concorso in corruzione nell'ambito dell'inchiesta sull'acquisto della Milano-Serravalle.  Si tratta di uno dei filoni che ha «scoperchiato» il cosiddetto «sistema Sesto». E ora la posizione dell'ex presidente della Provincia di Milano appare più che critica. Al punto che Massimo D'Alema, intervenendo alla festa nazionale del Pd a Pesaro, non si nasconde: «La vicenda Penati è per tutti noi motivo di grandissimo turbamento. Noi non siamo un partito che possa guardare con sufficienza ad accuse di questa portata». In effetti, al momento, l'ex capo della segreteria politica di Pier Luigi Bersani, è accusato di corruzione e concussione per presunte «mazzette» che gli sarebbero arrivate nell'ambito di interventi di sviluppo urbanistico nelle aree ex Falck e Marelli di Sesto San Giovanni (la procura di Monza ha chiesto l'arresto che è stato poi negato dal gip ndr), oltre che di finanziamento illecito. Ed ora arriva anche la «tegola Serravalle». Un'operazione già contestata a suo tempo dall'allora sindaco di Milano Gabriele Albertini, su cui i pm di Monza, Walter Mapelli e Franca Macchi, e gli investigatori del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Milano hanno deciso di «scavare». La Provincia, infatti, comprò le quote a quasi 9 euro e così il gruppo Gavio, che le aveva pagate meno di 3 euro, realizzò una plusvalenza di 179 milioni di euro. L'imprenditore Piero Di Caterina, uno dei principali accusatori di Penati, sentito a verbale dai pm nel giugno 2010, ha riferito ciò che gli avrebbe detto l'ex dirigente della Provincia, Antonino Princiotta: «Nell'aprile del 2005» ci sarebbero stati «alcuni incontri presso lo studio del commercialista Ferruccio di Milano via Pontaccio» per stabilire il «sovrapprezzo» dell'operazione «da pagare a favore di Penati e Vimercati (suo ex braccio destro ndr)». Trattative a cui, stando a Di Caterina, avrebbero partecipato lo stesso Princiotta, «Vimercati, Binasco (Bruno, manager del gruppo Gavio, ndr) e un rappresentante di Banca Intesa, tale Pagani». Tutte le persone che avrebbero preso parte agli incontri sono state iscritte nel registro degli indagati e i finanzieri hanno prima perquisito verso metà agosto gli uffici del manager di Intesa, Maurizio Pagani, e poi, nei giorni scorsi, sono andati ad acquisire documenti nelle sedi di alcune società del gruppo Gavio. I pm, che contestano a Penati il concorso in corruzione, spiegano in parte l'accusa anche nell'appello depositato al Tribunale del Riesame (l'udienza è fissata per il prossimo 21 ottobre) per chiedere l'arresto dell'ex presidente della Provincia: «L'unica alternativa razionale e coerente per spiegare il pagamento di Binasco a Di Caterina (2 milioni di euro attraverso un'operazione immobiliare fittizia ndr) nell'interesse di Penati e Vimercati è che la somma sia parte della tangente a loro destinata per l'acquisto» della Milano-Serravalle. «Non ho ricevuto alcuna comunicazione formale dalla Procura di Monza - ha spiegato a caldo Penati -. Non ho mai sentito parlare di sovrapprezzo per Serravalle». E se Di Caterina si dice tutt'altro che stupito per le nuove accuse a Penati, un altro accusatore, Giuseppe Pasini, rincara la dose: «Sì che ho tirato fuori dei soldi per Penati. Sono stato costretto a pagare».

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