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Alfano rilancia Berlusconi

Il segretario del Pdl, Angelino Alfano, durante la festa nazionale di Alleanza per l'Italia a Labro (Rieti)

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La notizia del giorno (ma chi la consegna a taccuini e telecamere si affretta a dire: «Non mi sembra neanche un notizione») è che «nel 2013 Silvio Berlusconi sarà di nuovo il candidato premier del centrodestra». A dirlo è il segretario del Pdl, Angelino Alfano, alla prima festa nazionale dei Popolari d'Italia per domani, in mattinata. «La coalizione vive della sua leadership ed è stato proprio Berlusconi l'uomo in grado di garantire l'unità, la coesione, la governabilità. Il partito non ha bisogno di fare una consultazione popolare per sapere che Berlusconi è il leader» aggiunge. Il segretario del Pdl è al lavoro. Tesse la sua tela per costruire - in futuro - il partito dei moderati italiani. E il futuro passa anche da Labro (piccolo paesino in provincia di Rieti), dove Francesco Rutelli ha organizzato la festa nazionale di Alleanza per l'Italia. Alfano arriva nel pomeriggio, tra gli applausi. Tutti quelli che lo aspettano vogliono sapere se Angelino ci crede davvero, a Berlusconi candidato premier nel 2013. La platea dell'Api - riunita a costruire quel Terzo polo disposto a dialogare con la maggioranza proprio a patto che il Cav faccia un passo indietro - ascolta interessata. Lui conferma. E il Quirinale? «Non è nei desideri di Silvio Berlusconi pensare al Quirinale. Il presidente si ricandiderà alla guida del governo nel 2013 perché vuole essere ancora scelto dagli italiani». E la Lega, sarà d'accordo? «Finora l'asse tra Berlusconi e Bossi ha funzionato e non dà segni di cedimento - spiega Angelino - ora che Berlusconi si ricandiderà alle politiche, la Lega tornerà ad appoggiarlo». La gran parte delle domande fatte al segretario del Pdl riguarda il Cav. «Me lo aspettavo, di certo non pensavo a domande su Obama», scherza. Puntuali arrivano gli attacchi sulle intercettazioni: «Da Forza Italia a Italia di merda», provoca un giornalista di Repubblica. «Io penso che nessuno di noi sia un robot. E che ciascuno abbia nella propria esistenza momenti di indignazione, di avvilimento, di rabbia e pure di stanchezza». «Era solo uno sfogo, Berlusconi non lo pensa - si difende - Insomma, tutti possono provare dei sentimenti». Poi c'è la crisi, e una manovra da approvare. Alfano prova a tentare il Terzo polo. «Noi abbiamo chiesto di non mettere la fiducia e lo ha ribadito anche il presidente del Senato Renato Schifani», dice tendendo una mano all'opposizione. Il segretario del Pdl racconta di aver fatto personalmente tre telefonate: una allo stesso Rutelli per dirgli che «se sarà lui l'interlocutore al Senato per la manovra, sappia che troverà orecchie attente ai suoi emendamenti», una al leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini e l'ultima a Enrico Letta. «L'obiettivo - spiega - è dare il via al Senato ad un emendamento firmato da Morando (Pd), sulla spending review e lavorare insieme al riordino delle circoscrizione giudiziarie, trovando finalmente un punto d'incontro sulla giustizia». Collaborare, insomma, si può. Alfano è a casa di Rutelli per presentare ai moderati il suo nuovo «orizzonte, una sezione italiana del Partito popolare europeo» che riunisca l'area moderata alternativa a «certa sinistra». Quella Alfano proprio non la manda giù. Il Terzo polo, invece, è lì ad ascoltare. Nessun appello, nessun ultimatum, assicura. Non ci saranno tatticismi. E in ogni caso - ribadisce - Berlusconi non è in discussione. «Faccio il segretario del Pdl e non sono stato eletto per rinnovare il partito facendo cadere il mio governo. Se il mio lavoro fosse far cadere il governo da segretario del Pdl finirei nel guinness dei primati», scherza. La platea applaude. Alfano marca la differenza tra le opposizioni: «Il primo luglio sulla mia pelle ho vissuto il metodo di una certa sinistra. Bonton e buongusto prevedono che il giorno dell'elezione del segretario di un partito gli fai gli auguri e poi cominci a dissentire dal giorno dopo. L'unico che mi ha offeso sul piano personale è stato il segretario del Pd, forse perché a 40 anni era presidente comunista dell'Emilia Romagna e se sei comunista nella testa a 40 anni non puoi essere liberale e riformista a 60», attacca. Angelino sembra non aver ancora digerito la cosa. Ecco perché quella telefonata a Enrico Letta e non a Bersani, malignano i più. Lui smentisce: «Solo comodità, io e Letta siamo coetanei e abbiamo un ottimo rapporto. Poi è lui il responsabile economico del Pd», farfuglia. Appena scende dal palco e Rutelli lo raggiunge, quasi si giustifica: «Mi è dispiaciuto aver spinto su Bersani, ma mi sta proprio qui», dice sottovoce toccandosi il sottomento. Angelino è pronto alla battaglia.

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