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Silvio si riprende la scena: "Sull'Iva deciderò io"

Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi

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Giulio Tremonti, nel bel mezzo del vertice di maggioranza, avverte tutti: «Sono modifiche pienamente condivise dal presidente del Consiglio». Sembra una battuta buttata lì. Non è così. È un segnale preciso. Berlusconi è tornato pienamnete a fare il presidente del Consiglio. Un premier di ferro. S'è ripreso la manovra. Detta tempi e modi: saranno ritirati tutti gli emendamenti, il sì potrebbe arrivare oggi o al massimo domani mattina. Vola a Parigi per il vertice sulla Libia e si tiene incollato al telefono per seguire gli sviluppi. In serata ne approfitta per «firmare» la sua manovra. E spiega le possibili novità: «L'aumento dell'Iva è una riserva noi non l'abbiamo utilizzata, ma passando dal 20 al 21 per cento ci sono 4 miliardi in più nelle casse che sono a disposizione e che il presidente del Consiglio con un decreto può attuare da un momento all'altro. È una clausola di salvaguardia assoluta per raggiungere il pareggio di bilancio nel 2013». Dunque, ci tiene a sottolineare che con l'aumento della tassa si crea una riserva che il premier (e non il ministro dell'Economia) può sfruttare. Poi spiega il capo del governo che il provvedimento di correzione dei conti pubblici «andrà in porto con i saldi che sono nella manovra stessa». Ribadisce che «cianciare sull'Iva non ha nessun senso in un'occasione come questa in cui abbiamo dovuto chiedere l'intervento della Bce per difenderci dalla speculazione internazionale che dopo Grecia, Irlanda e Portogallo mirava a fare affari con i titoli del debito pubblico italiano che abbiamo ereditato dai precedenti governi». Secondo Berlusconi, «fare tutto questo contro l'interesse dell'Italia è criminale». E per chi non l'avesse capito, il premier insiste: «Purtroppo in Italia abbiamo un'opposizione anti-italiana» che ha un atteggiamento «criminale e che influisce negativamente sui mercati e aizza le speculazioni». Quindi attacca: «Disponiamo di una stampa di sinistra e di una opposizione di sinistra anti italiane che accusano il governo di essere nella confusione e nel caos, mentre il governo sta lavorando per fare una manovra il meno pesante possibile anche aperta alle idee degli altri da valutare come il buon padre di famiglia». E mentre il Cavaliere si riprende la scena, Tremonti non sembra Tremonti. Disponibile, ascolta tutti. Addirittura al vertice di maggioranza a un senatore dice: «Sentiamoci più spesso, vieni al ministero». Poi resta in commissione seduto quasi due ore. Risponde a tutti. Tanto che più d'uno si domanda: ma che gli è successo? I maligni dicono che sia preoccupato dal voto parlamentare che dovrà decidere sul prossimo arresto del suo ex collaboratore più fidato, Marco Milanese, e che più d'uno nel Pdl sia deciso a far pagare a ministro e deputato qualche risposta valutata arrogante ricevuta in passato. Oppure che lo stesso Giulio si sia reso conto che ormai anche Roberto Calderoli si sta staccando da Bossi (nell'ultimo vertice di maggioranza ha stilato lui la lista della delegazione e ha escluso quelli del «cerchio magico») e ormai sia sempre più stretto con Roberto Maroni: il ministro dell'Economia rischia ancor di più l'isolamento. O i benevoli dicono che sia tutto merito anche del nuovo staff di via XX settembre che consiglia Tremonti. O forse tutti questi elementi assieme. Di sicuro il ministro s'è rimesso in riga.

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