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Il mondo rischia di fare il Bot

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Mettete dei Bot nei vostri cannoni. E scendete in trincea, la terza guerra mondiale è già cominciata. L'esercito del rating capitanato dall'(americana) Standard&Poor's attacca gli Stati Uniti che per la prima volta nella loro storia perdono il rating di tripla A, lo scudo che fino a ieri ha reso i titoli di Stato Usa fra i più sicuri investimenti al mondo. La Casa Bianca contrattacca usando come clava un errore (da 2.000 miliardi di dollari) trovato nella bozza del provvedimento. Una mossa quasi disperata per evitare gli effetti devastanti del taglio del rating: secondo i calcoli di Jp Morgan la perdita della tripla A comporterà per le casse del governo federale una spesa in interessi maggiore di 100 miliardi di dollari l'anno. E altre bombe potrebbero arrivare domani dalle «sorelle» del rating (Moody's e Fitch) e dalla stessa S&P che ha già lasciato intendere nuovi provvedimenti su banche, istituzioni finanziarie e assicurazioni. In «casa» di Obama i democratici reagiscono con una crociata di delegittimazione delle agenzie di rating mentre i repubblicani fanno tremare la poltrona del Presidente che ha fatto tornate gli Stati Uniti indietro di settant'anni. Intanto la Cina, ovvero il più grande creditore dell'America, fa la voce grossa contro la «miope» disputa politica a Washington e schiera i carrarmati perché «I giorni in cui uno Zio Sam carico di debiti poteva tranquillamente sperperare prestiti illimitati ottenuti all'estero sembrano essere finiti». S&P's, invece, ha dimostrato come la controparte cinese non abbia fatto altro che «dire la verità agli investitori». Per risolvere la propria propensione al debito, gli Stati Uniti «devono ristabilire il principio di buon senso che si dovrebbe vivere nell'ambito dei propri mezzi». Nel frattempo la Cina minaccia la rivoluzione valutaria: «Una supervisione internazionale sulla questione del dollaro dovrebbe essere introdotta e una nuova moneta (magari asiatica, ndr), stabile e sicura come riserva globale può anche essere un'opzione per evitare una catastrofe causata da ogni singolo Paese». Il debito dello Zio Sam, infatti, non parla solo cinese: Pechino è il primo creditore estero americano (in base agli ultimi dati del Tesoro Usa), con 1.160 miliardi di dollari. Una cifra seconda soltanto a quella della Federal Reserve che, con i due round di allentamento monetario, è diventato il maggiore possessore di titoli di debito di Washington. Il Giappone è il secondo creditore estero con 912,4 miliardi di dollari, seguito al terzo posto dalla Gran Bretagna. Non solo. Nel 1945 i creditori esteri detenevano solo l'1% del debito americano, ora ne controllano il 46 per cento. Dallo scacchiere mondiale si leva anche la voce dell'India con il ministro delle Finanze Pranab Mukherjee che avverte: «La situazione è grave» e il governo «valuterà e analizzerà» le eventuali ripercussioni per l'economia. L'India di recente ha infatti ribassato all'8,2% le stime di crescita nell'anno finanziario 2011-2012. A Mumbai l'indice ha perso oltre 700 punti, a un minimo che non toccava dal giugno 2010 e per Mukherjee, le turbolenze borsistiche «non sono dovute a fattori domestici ma a ragioni esterne come la debole ripresa Usa e il debito nella zona euro». Perché l'altro focolaio della terza guerra mondiale è nel Vecchio Continente. Dove in gioco non c'è solo la sopravvivenza dell'euro – come pensano in molti – ma una nuova mappa del potere che vede al centro delle grandi manovre i panzer tedeschi guidati da Angela Merkel che vuole mantenere la moneta comune ma prendendo il comando della governance di tutta Eurolandia. La strategia di Berlino sarebbe confermata dalle mosse della Bce: secondo i trader, giovedì scorso la banca centrale ha comprato titoli di Stato irlandesi e portoghesi per 300 milioni di euro, ma non quelli di Italia e Spagna che più di altri hanno urgente bisogno di frenare i loro rendimenti nella pazza corsa verso il 7%, soglia che ha fatto scattare la richiesta di aiuti all'Ue da parte di Atene, Dublino e Lisbona. Il presidente Trichet ha precisato come la decisione di acquistare bond sia stata presa «a schiacciante maggioranza», dunque non all'unanimità. La Bundesbank si sarebbe infatti opposta e la Bce avrebbe deciso di intervenire solo marginalmente, senza acquistare bond italiani e spagnoli, per non contrariare troppo Berlino. Che continua a dettare la linea soprattutto all'Italia come ha fatto con la Grecia (commissariata in cambio degli aiuti dell'Ue e del Fmi). La dimostrazione? Venerdì l'euro è decollato al rialzo sull'annuncio che la Bce si sarebbe impegnata a comprare Btp italiani in cambio di riforme immediate. In serata Berlusconi ha risposto con una conferenza stampa straordinaria annunciando l'anticipo del pareggio al 2013 (ma Tremonti ha anche dichiarato che non verrà fatta nessuna nuova riforma al di là di quelle già previste in finanziaria). Ecco perché qualcuno comincia a pensare che anche l'Italia sia stata già commissariata, che il feldmaresciallo Merkel comanda in cambio dell'acquisto dei nostri bond e che forse a Silvio convenga chiedere l'annessione alla Germania prima di ritrovarci davanti a una Caporetto.

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