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Sei mosse per la ripresa

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Il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia

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«Il momento è grave. Va affrontato con la massima determinazione, senza cercare scuse o scappatoie perché il Paese è a un bivio e il governo deve prendere in mano il timone della politica economica». Il diktat recapitato a palazzo Chigi nell'ennesima giornata nera della finanza internazionale viene da imprese, banche e sindacati. Le parti sociali, unite in un determinato quanto inedito fronte comune, lanciano l'ultima chiamata all'esecutivo. Non c'è più tempo: bisogna garantire la solidità di lungo periodo dei conti pubblici e mettere finalmente mano alla crescita del Paese con una «sterzata» sulle riforme. L'ultimatum arriva in serata, in una nota congiunta che chiude una lunga giornata di confronto. Dopo l'ennesimo tracollo di Piazza Affari, Confindustria e sindacati ribadiscono l'allarme già manifestato nel documento comune girato al premier in mattinata, che mette nero su bianco in sei punti le priorità di intervento sui capitoli più caldi dell'economia. «La gravità del momento non consente pause. Non possiamo andare in vacanza», forza Emma Marcegaglia. Il governo rinvia a settembre ogni decisione. Ma il pressing ottiene un primo risultato: una «contro agenda» di lavoro che ricalca spalmandole in otto punti le richieste di Marcegaglia e compagni. Pochi minuti e la scena si sposta: le parti sociali incontrano le opposizioni. Pierluigi Bersani fa del suo meglio e chiede non una «spallate» ma «un segno di credibilità attraverso un gesto politico», (cioè una spallata) temendo invece che da parte del governo ci sia «una drammatica sottovalutazione» della crisi. Propone poi non di anticipare la manovra che ritiene «sbagliata e iniqua» ma di «mantenere i saldi e cambiarla». Posizione simile, seppur distinta, quella del Terzo Polo che non ripete «la litania» delle dimissioni di Berlusconi e non appoggerà il governo, ma si dice disponibile a discutere «una misura non di entrata in vigore anticipata della manovra, ma di anticipazione degli effetti sui bilanci». Scatenato Antonio Di Pietro, che presenta una «contromanovra» da 60 miliardi in tre anni di cui chiede l'immediata discussione in parlamento, per evitare «manfrine».

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