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Non ha detto di essere stato spiato

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Eneanche di essere stato pedinato. Dunque il fascicolo va mandato nei sotteranei del palazzo di Giustizia della Capitale. È quanto sta per accadere a piazzale Clodio, dove nei giorni scorsi era stata aperta un'inchiesta sulle dichiarazioni che avrebbe pronunciato il ministro dell'Economia Giulio Tremonti. Il capo del dicastero di via XX Settembre ha infatti incontrato il procuratore capo di Roma Giovanni Ferrara al quale ha spiegato in mezz'ora che si è trattato di una forzatura gionalistica e che quindi non ha mai detto di aver scelto di abitare nella casa messa a disposizione dal parlamentare Pdl Marco Milanese, a due passi da Palazzo Chigi, perché spiato. La questione del presunto pedinamento è stata affrontata dal Ministro anche con i magistrati di Napoli che indagano sulla P4, ascoltato come testimone. Nelle ultime settimane a finire nel mirino di diverse procure italiane e dei mass media sono stati personaggi politici e imprenditori. Intorno ai quali spesso ruota spesso la figura dell'ex consigliere di Tremonti, il deputato Milanese. A dover scendere in campo per chiarire dichiarazioni effettuate da indagati e testimoni è stato anche il ministro dell'Economia, che alcuni giorni fa, anche in merito alla casa di Campo Marzio, ha affermato: «Io prima di fare il Ministro dichiaravo al Fisco 5 milioni, 10 miliardi di vecchie lire all'anno. Devo dire che do in beneficenza più di quanto prendo come parlamentare. Non ho bisogno di avere illeciti favori, di fregare i soldi agli italiani. Non ho casa a Roma non me ne frega niente, non faccio vita di salotti». E ancora: «Forse avrei dovuto essere più attento, ma se devi lavorare in quento modo ...gestire il terzo debito ti impegna abbastanza. Ma se ci sono stati illeciti la magistratura procederà. Se ci sono stati appalti commissariamo tutto, abbiamo già commissariato una società e lo rifaremo se serve. Se ho fatto errori l'unica scusante è che ho lavorato tanto». Sempre in riferimento alla casa nella Capitale Tremonti ha detto di aver deciso di accettare l'offerta di Milanese per questioni di privacy: l'abitazione garantiva una maggiore riservatezza rispetto alla caserma dove ha risieduto fino al 2004 o all'albergo dove andava abitualmente fino al 2009, quando era a Roma. La procura ha inoltre escluso che possano essere convocati i componenti della scorta del Ministro, tutti militari della Guardia di Finanza. Sui presunti pedinamenti a Tremonti, il direttore del Dipartimento informazioni e sicurezza Gianni De Gennaro, nel corso di una audizione al Copasir, ha affermato che i servizi segreti non ne sapevano nulla. Gli 007 italiani, ha spiegato De Gennaro, non si sono interessati alla vicenda perché «non ne hanno alcun titolo» e perché «nessuno ci ha contattato per occuparcene». Sempre le parole di Milanese hanno portato l'alto magistrato romano, il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo, a lasciare l'inchiesta sull'Enav dopo la notizia che aveva pranzato con Tremonti e lo stesso parlamentare Pdl indagato dalla procura di Napoli. «Sono sereno, mi fa piacere che il Csm si stia interessando a una vicenda emblematica di una clamorosa strumentalizzazione massmediatica. Mi auguro che sappia trovare la forza di individuare le gravi responsabilità di chi manipola la verità per conquistare illegittimamente fette di potere», ha dichiarato una settimana fa. Intanto il 28 luglio la Giunta per le autorizzazioni della Camera ha votato a maggioranza (Pdl, Lega e Udc) la richiesta di rinviare al 16 settembre l'esame della richiesta di arresto, avanzata dalla procura di Napoli, nei confronti di Marco Milanese. La motivazione addotta dal relatore Fabio Gava si basa sull'impossibilità di acquisire i nuovi atti, richiesti dalla difesa e dallo stesso relatore entro oggi, giorno in cui scade il provvedimento sull'ex braccio destro del ministro dell'Economia.

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