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«Documento finanziamento sig.

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Èstato archiviato così uno dei file in formato pdf e che è spuntato tra il materiale informatico e non, sequestrato 10 giorni fa nello studio di Renato Sarno, l'architetto indagato, assieme a una ventina di persone tra cui lo stesso Penati, nell'inchiesta della Procura di Monza su un presunto giro di tangenti per operazioni immobiliari sulle ex aree Falck e Marelli e per la gestione del Sitam. Sarno, professionista quotato e stimato al punto da aver ricevuto in passato incarichi anche dal San Raffaele, per quel che si sa, avrebbe anche contribuito a finanziare la campagna elettorale del 2009 di Penati in corsa per il secondo mandato alla Provincia di Milano. Ma quel file catalogato come «finanziamento Sig. Penati», trovato in uno dei computer nel suo ufficio assieme ai documenti contabili, come «il libro giornale dal 2006 al 2010», «i mastrini dal 2001 al 2010», è ora comunque al vaglio degli inquirenti e degli investigatori per accertare se eventualmente possa fornire nuovi spunti di indagine. Così come le altre carte di lavori e progetti sequestrate all'architetto: cartelline con dentro «varia documentazione» di colore blu o azzurro denominate «Caltagirone», «Torri Sesto S.G. Soc. Pace (Intini)», «H.S.R. San Raffaele», «Serravalle» e «287 Penati Rev.1 Rev.2», «287 Penati Di Martino Rev.1 aggiornamento Asl», «287 Penati Di Martino». Sarno, secondo la Procura, risulta aver avuto nel 2008 un ruolo tecnico nella stesura del contratto preliminare di compravendita dell'immobile nell'ex area Falck tra Bruno Binasco, l'amministratore del gruppo Gavio a cui sarebbe legato, e Piero Di Caterina, l'imprenditore sestese che sotto forma di una sorta di «finta caparra» si sarebbe visto restituire, su mandato di Penati, circa due milioni di euro di presunte «dazioni di denaro» che, a suo dire, avrebbe consegnato nel corso di alcuni anni «in cambio di favori» all'ex sindaco di Sesto San Giovanni. Su questa vicenda c'è da registrare un particolare: tra gli atti depositati dai pm monzesi c'è l'assegno della caparra di due milioni di euro firmato però da Norberto Moser, 75 anni e allora amministratore delegato di Codelfa, società sempre del gruppo Gavio. Moser nella seconda metà degli anni '90 venne indagato - nel maggio del 1995 si costitui - e finì sotto processo per un'inchiesta della Procura di Aosta battezzata «scandalo delle cooperative militari». Infine oltre a Di Caterina e Giusppe Pasini, i due imprenditori indagati che hanno denunciato alla magistratura il «sistema Sesto San Giovanni», ci sarebbe un testimone, Diego Cotti, ex genero di Pasini, che starebbe collaborando con gli inquirenti.

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