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Intesa sul debito Usa a un passo

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«Ilcapo della maggioranza democratica al Senato, Harry Reid, ha firmato l'accordo sull'innalzamento del tetto del debito in attesa dell'imminente via libera di tutti i parlamentari democratici». La notizia del portavoce del leader del partito di Barack Obama arriva a tarda notte nel bel mezzo della trattativa a oltranza nelle stanze del potere Usa. Un accordo di massima sull'aumento del tetto del debito è stato infatti trovato ma nel corso della notte i due partiti americani, repubblicani e democratici, si sono confrontati senza sosta per sciogliere gli ultimi nodi di un negoziato lungo e complesso che rischia di mettere ancora più in fibrillazione l'economia mondiale. L'accordo avrebbe sufficiente appoggio tra i democratici in Senato, ma mancherebbe il sostegno dei democratici più liberali e tra i conservatori dei repubblicani del tea party alla Camera. Ma non c'è un solo minuto da perdere. L'obiettivo è quello di far arrivare il sì definitivo prima delle contrattazioni delle borse asiatiche. Ed è una corsa contro il tempo per evitare il default: la scadenza del 2 agosto si avvicina e il mondo guarda agli Stati Uniti con «trepidazione, ansia e preoccupazione» ha affermato il direttore generale del Fondo Monetario Internazionale (Fmi), Christine Lagarde. Mentre la Gran Bretagna e il Giappone hanno messo in guardia dal «severo impatto» che un mancato accordo potrebbe avere sull'economia mondiale. Il consenso bipartisan però è stato trovato. «Siamo molto vicini» ha affermato il leader dei repubblicani in Senato, Mitch McConnell. «Sono cautamente ottimista» gli ha fatto eco proprio il leader dei democratici in Senato, Harry Reid. Le negoziazioni vanno avanti alla Casa Bianca per raggiungere un accordo in extremis e rassicurare i mercati, che oggi potrebbero seriamente innervosirsi sull'impasse di Washington. Secondo indiscrezioni, l'accordo di massima prevede tagli alle spese per 2.800 miliardi di dollari in 10 anni e un aumento del tetto del debito di uguale entità in due fasi, la prima immediata da 1.000 miliardi di dollari. Le spese saranno ridotte di 1.000 miliardi nella prima fase. Una commissione, composta da 12 parlamentari (sei democratici e sei repubbliani) dovrà determinare ulteriori 1.800 miliardi di dollari di tagli. Le sue raccomandazioni dovranno essere avanzate in Congresso entro il Giorno del Ringraziamento (il quarto giovedì di novembre). E il Congresso dovrà approvarle entro dicembre. Se non saranno approvate scatteranno dei tagli automatici alle spese anche per la difesa e il Medicare. Il piano non prevede aumenti delle tasse almeno per il primo anno e mezzo. Il Congresso dovrà votare un emendamento alla Costituzione per un budget bilanciato, ovvero che consenta al governo di spendere solo quanto raccolto con le entrate fiscali.

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