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Fini al capolinea, Fli perde altri pezzi

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Gianfranco Fini

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Gianfranco Fini come Re Mida ma con un'unica differenza. Se il mitico reggente della Frigia trasformava in oro tutto ciò che toccava, il leader di Futuro e Libertà, nonché presidente della Camera, ha un ben altro destino: tutti coloro sui quali aveva creduto prima o dopo lo hanno abbandonato facendo fortuna in altri partiti. I numeri parlano chiaro. I tempi d'oro di Fli quando il gruppo alla Camera aveva raggiunto quota 38 deputati e a Palazzo Madama era riuscito a costituire un gruppo autonomo con 10 senatori sembrano ormai preistoria. E ora Fini raccoglie i cocci di un partito che conta solamente 32 parlamentari (26 deputati e 6 senatori) e che vive giorno dopo giorno con l'ansia di ulteriori defezioni. Il leader sembra impassibile. Cita Dante e la Commedia («Non ti curar di loro guarda e passa») ma la vera poetica è nelle frasi di tutti quelli che lo hanno scaricato. La prima in ordine di tempo ad abbandonare il gruppo fu Souad Sbai appena due mesi dopo la sua composizione spiegando che nel partito c'era troppa litigiosità: «O me... o Granata» disse. Ma fu solo l'inizio. Gli abbandoni che maggiormente pesano nel curriculum di Fli sono quelli di Luca Bellotti, Catia Polidori, Luca Barbareschi e da ultimi quelli dell'ex ministro Andrea Ronchi e del viceministro Adolfo Urso. Tutti legati da un filo comune. A loro Fini aveva affidato «la scena» e loro, prontamente, se ne sono andati. La Festa del Tricolore a Mirabello del settembre 2010 (la prima targata Fli) venne organizzata proprio da Bellotti. A lui il compito di preparare gli stand e di aprire ufficialmente i lavori del meeting. Poi il 19 febbraio l'addio spiegando di avere da sempre una storia politica di centrodestra e di non voler sottrarre il suo sostegno al governo nazionale. Oggi è sottosegretario al Welfare. La seconda a seguire lo stesso iter fu Catia Polidori. A lei Fini riservò l'apertura della convention di Bastia Umbra del 6 e 7 novembre. L'entusiasmo era alle stelle: «Nuovi ingressi in Fli, anche di parlamentari, la prossima settimana», disse la deputata. Poi la svolta. Era il 14 diccembre: «Non avrei mai votato contro il Governo. Per ulteriore coerenza, lascerò il gruppo di Fli». Oggi è sottosegretario allo Sviluppo economico. Sempre a Bastia Umbra l'ennesimo colpo arrivò da Luca Barbareschi. A lui l'onore di leggere il Manifesto di Fli. La commozione. Poi il 20 febbraio la virata: «I vertici di Futuro e libertà sono stati scelti senza alcun metodo condiviso», e, anche lui, se ne è andato. Poi è toccato a Ronchi. Anche lui ebbe il suo momento di gloria a Bastia Umbra. Salì sul palco. Spiazzò tutti mettendo nelle mani di Fini il mandato da ministro sostenendo che «si chiude una fase e se ne apre un'altra, all'insegna della leadership di Gianfranco». Poi, il 9 luglio l'abbandono assieme al collega Urso: «Intendiamo lavorare in piena autonomia e senza vincoli di partito per costruire la nuova casa dei moderati italiani». E cosa diceva Urso appena sei mesi fa? «A chi ci accusa di tradimento dico che non mi sembra che si possano definire traditori persone che coerentemente abbandonano le poltrone. Di solito si tradisce per averle le poltrone, noi no». Eppure la poltrona per il collega Ronchi sembra già essere stata spolverata tanto che si fanno sempre più insistenti voci su un suo possibile rientro al ministero delle Politiche comunitarie. Il sipario sta calando. Fli perde pezzi e speriamo per Fini che qualcuno passando vicino a lui non dica: «non ti curar di lui, guarda e passa».

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