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Maggioranza a 314. Via alla Manovra

Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ll Camera dei Deputati per il voto di fiducia sulla manovra

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La maggioranza va. L'opposizione si assottiglia. La manovra passa e Napolitano, a tempo di record, la promulga. La giornata politica in fin dei conti si può riassumere così. Con 314 voti a favore, 280 contrari e due astenuti l'Aula della Camera ha approvato in via definitiva la manovra. In realtà i numeri del centrodestra sono anche più ampi perché andrebbero aggiunti anche Franco Frattini, in missione all'estero, e Guido Crosetto, impossibilitato a votare perché aveva da fare un intervento al ginocchio. Dunque, la maggioranza anche virtualmente è a quota 316, la metà più uno dei deputati. L'opposizione invece ritorna sotto quota 290. Poco dopo l'ok il Quirinale diffonde una nota con la quale fa sapere che Napolitano ha già promulgato la legge. «Il Paese è grato alle Camere» dice il presidente della Repubblica, che rimarca come «risultato (sarebbe stato) impensabile senza il deciso concorso dell'opposizione». «Si è trattato - aggiunge il Capo dello Stato in una nota - di una prova straordinaria di consapevolezza e di coesione nazionale che rafforza la fiducia nell'Italia delle istituzioni europee e dei mercati». Per Napolitano «spetta ora agli opposti schieramenti confrontarsi nel modo più aperto e concludente sulle scelte che restano da adottare per rompere la morsa alto debito-bassa crescita che stringe l'Italia e per contribuire a un vigoroso rinnovamento e rilancio del progetto europeo», conclude il Capo dello Stato. Anche se non è per lui il massimo, pure Silvio Berlusconi s'intesta il merito del provvedimento. E in maniera piuttosto inusitata per la persona, esce dall'Aula e legge una dichiarazione scritta: Il governo è stabile e forte, la maggioranza è coesa e determinata. «L'Italia è più forte, anche se restano le incognite della crisi». «Ho lavorato con grandissima intensità per l'unica cosa essenziale in queste due settimane: varare la manovra» aggiunge il Cavaliere. Che ne approfitta per togliersi anche qualche sassolino dalla scarpa. «Ho sentito - dice il Cavaliere - che qualcuno ha detto che il governo non si muove, credo che si debba riconoscere che in due settimane il governo è riuscito a preparare una manovra, ad adottarla in sede di Consiglio dei ministri, a presentarla e a discuterla con il presidente della Repubblica, ad ottenerne la firma». Il premier fa chiarezza sulla scelta del silenzio dalla sentenza sul lodo Mondadori a ieri. «Mi si attribuisce un silenzio inspiegabile in questi giorni. È molto chiaro invece - spiega il presidente del Consiglio - che le cose recentemente accadute che mi hanno riguardato da vicino sono tali che se dicessi quello che penso davvero non coinciderebbe con gli interessi del Paese in questo momento di attacchi internazionali. Il mio senso di responsabilità mi ha quindi impedito di dichiarare quello che penso». Nel chiuso del suo ufficio Silvio si sfoga: «Mi piacerebbe tanto dare loro quello che ho promesso, un alleggerimento della pressione fiscale, ma il momento è difficile e adesso non è possibile». In mattinata, il presidente della commissione Bilancio di Montecitorio, il leghista Giancarlo Giorgetti, chiudendo il suo intervento sulla manovra, aveva detto in Aula che la maggioranza invitava il governo «in qualche modo ad attivarsi affinché i costi della politica, che sono contemplati nel provvedimento, possano tempestivamente e rapidamente affiancarsi alle altre misure qui previste».

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