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Un tranquillo lunedì di paura

Borse

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L'Italia vive con l'incubo del lunedì. E questo lunedì fa ancora più paura. Le premesse per una tranquilla giornata di terrore sui mercati ci sono tutte, finanziarie e politiche. Su quest'ultimo fronte, la pace armata fra Berlusconi e Tremonti potrebbe rompersi da un momento all'altro. E alla poltrona traballante del Tesoro si aggiunge la "mazzata" da 560 milioni per la Fininvest dopo la sentenza sul Lodo Mondadori che incide sulle banche garanti del Biscione. Ovvero su quegli istituti capitanati da Unicredit che si sono impegnati a liquidare immediatamente la somma a favore di De Benedetti. L'esborso si appoggerebbe su garanzie che la Fininvest ha già fornito alle banche ma la fideiussione è «a prima richiesta», nel senso che Unicredit è costretta a versare subito i soldi. E l'istituto di Piazza Cordusio è lo stesso che più di altri ha subito l'attacco speculativo di venerdì scorso anche perché è rimasta l'unica banca a non aver varato un aumento di capitale. Il momento è delicato anche per il mercato che è rimasto senza uno scudo politico. Lo spread fra Btp e Bund tedesco non è stato mai così alto all'introduzione dell'euro. Il Bund rende il 2,83%, il nostro Btp il 5,27 con una differenza quindi del 2,4 per cento. Cosa significa? Che se, per ipotesi, tutto il debito italiano pagasse un differenziale di tasso del 2,5% rispetto ai cugini crucchi, in un'Europa totalmente disunita, la tassa da pagare per il nostro Paese sarebbe di circa 50 miliardi. E se si ipotizzasse un costo medio del debito del 5% (oggi siamo al 4%) il prezzo per lo Stato sarebbe di soli interessi di circa 100 miliardi l'anno. Ovvero, se il saldo fra entrate e uscite dell'Italia al netto degli interessi fosse zero, ogni anno gli italiani dovrebbero essere tassati con una manovra da 100 miliardi di euro per evitare un aumento del debito complessivo. Senza dimenticare che gli aiuti ai Paesi in difficoltà (concessi dalla stessa Italia) hanno degli interessi che si aggirano attorno al 5% con il risultato che il costo del nostro debito supera il profitto che deriva dai crediti concessi a chi sta messo peggio di noi. Suggestioni di trader catastrofisti? Chissà. Di certo dopo il secondo attacco speculativo a Piazza Affari di venerdì, che ha nuovamente messo sotto pressione i titoli bancari, la situazione del debito sovrano e l'instabilità politica non aiutano. A tremare la prossima settimana sarà l'intero sistema bancario europeo per i risultati degli stress test che verranno diffusi da Bruxelles il 15 luglio. Secondo quanto emerge da un documento preliminare dell'Ue del 7 luglio, infatti, le banche che non supereranno l'esame di Bruxelles devono presentare un piano di capitalizzazione entro fine settembre e tale programma di "misure del settore privato" va messo a punto al massimo nell'arco dei successivi tre mesi. Gli istituti il cui coefficiente patrimoniale (Core Tier 1) sia superiore ma prossimo al benchmark del 5% saranno inoltre soggetti a uno scrutinio prudenziale «più severo». Non solo. «Se le banche non sono in grado di mettere in atto un piano credibile entro i tempi previsti, il governo è pronto a intervenire con le misure necessarie per mantenere la stabilità finanziaria», sottolinea il documento che verrà presentato alle riunioni di Eurogruppo ed Ecofin fissate per domani e martedì. Sul mercato sono pronte a scattare le scommesse sui possibili bocciati: si parla di 26 istituti da "maglia nera", la maggior parte in Spagnia, Austria, Germania e Grecia. Le cinque big del credito italiane dovrebbero invece superare l'esame del 15 luglio, come hanno assicurato l'Abi e Bankitalia. Le convulsioni delle banche italiane sembrano piuttosto legate ai timori per il rischio Paese mentre sugli attacchi in Borsa restano accesi i riflettori della Consob per verificare se si registrano scambi concentrati o diffusi e se esistono gli estremi di una manipolazione del mercato. Ad alimentare la paura di lunedì ci si è messo anche Obama: «Non possiamo permetterci il primo default della storia americana, la ripresa è ancora fragile e non produce i posti di lavoro di cui abbiamo bisogno», ha dichiarato il presidente degli Stati Uniti, nel consueto discorso del sabato a poche ore dal nuovo incontro alla Casa Bianca con i leader del Congresso. Lanciando anche un appello bipartisan a repubblicani e democratici: «dobbiamo lavorare insieme» sul piano di riduzione del deficit e del debito. E se Obama non è tranquillo, figuriamoci noi.

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