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Sconfitta dei legali e della "legalità"

Niccolò Ghedini

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Nonostante lo sconto, la sentenza d'appello sul risarcimento Fininvest alla Cir di Carlo De Benedetti segna l'ennesima sconfitta dello staff legale di Silvio Berlusconi. Senza voler esprimere giudizi di merito né dare pagelle alla professionalità degli avvocati del premier, si può dire: nessuna sorpresa, visti i precedenti. Ripetiamo, la nostra è un'opinione politica che riguarda sia la (indubbia) persecuzione giudiziaria di cui il Cavaliere è stato vittima da quando è entrato in politica, sia le ancora più sbagliate e goffe campagne che Berlusconi ed il suo inner circle giuridico-governativo-parlamentare hanno promosso in quasi tutti questi anni sulla questione giustizia. È una lunga sfilza di cause perse sia nelle aule dei tribunali sia in quelle istituzionali. All'inizio di tutto c'è ovviamente il mai risolto conflitto d'interesse: e, diciamo la verità, non basta affermare che neppure la sinistra ha voluto affrontarlo per utilizzarlo a sua volta come pretesto. Eppure sarebbe bastato un blind trust serio, dal quale il Cavaliere potesse attingere i profitti ma dalla cui gestione fosse realmente interdetto. Qualcuno può davvero affermare che la capacità di nomina dei dirigenti e dei direttori di Mediaset e di Mondadori ha determinato le sorti elettorali dell'Italia e del centrodestra in particolare? Per non parlare della Rai: certo, il governo fa le nomine, con quali risultati però si vede. L'annuale telenovela intorno al contratto di Michele Santoro (e di Fazio, Floris, Dandini, Litizzetto e giù a scendere), ed i dividendi mediatici e pecuniari che puntualmente ne conseguono parlano da soli. Con il blind trust ci saremmo risparmiati inchieste come la memorabile RaiSet, nonché le varie serie di velinopoli e vallettopoli. Senza contare che una rinuncia vera e non di cartapesta da parte di Berlusconi ad occuparsi di tv pubbliche e private avrebbe automaticamente messo in mora il centrosinistra che, dal governo e dall'opposizione, nella Rai ha messo mani e piedi da ben prima che il Cavaliere fondasse il Biscione. Ma questa è solo una parte del problema, anche se è all'origine di tutto. Perché nei suoi ormai diciassette anni di prima linea nella vita pubblica, Berlusconi ha denunciato problemi e colpe reali del nostro sistema giudiziario, e ha spesso portato ed offerto se stesso come prova vivente ed evidente degli intrecci fra pm, giudici, politica e media. Due esempi su tutti: il bluff del teste Omega, cioè Stefania Ariosto, creato in provetta da quella Ilda Boccassini che tuttora continua ad inquisire Berlusconi (fatto che negli ordinamenti giuridici anglosassoni solleverebbe un conflitto d'interessi, ma dall'altra parte); e l'altrettanto grave invenzione del superteste Massimo Ciancimino, che doveva semplicemente dimostrare che Forza Italia organizzò le stragi mafiose del '92-'93. Ancora oggi se qualcuno va su Google e digita «stragi di mafia», come seconda voce esce «Berlusconi». In quei due processi, nelle clamorose storture che li hanno contraddistinti, era compreso quasi l'intero catalogo delle mostruosità e delle faziosità della nostra magistratura. La parte mancante sta nel ramo civile, e non è poco. Purtroppo anziché offrire la propria vicenda di vittima acclarata per fare di se stesso l'esempio e lo scudo per decine di migliaia di altre vittime meno importanti di lui, testimoniando con la pratica che i suoi problemi erano i problemi di tutti i cittadini, e quindi andavano risolti non con scorciatoie personali ma con una riforma complessiva del sistema, il Cavaliere e i suoi avvocati hanno finito per capovolgere l'ordine delle cose. Grandi riforme solo promesse e mai attuate. E, al loro posto, una miriade di leggi, leggine, commi che inevitabilmente sono, ed erano, risultati ad personam. Il problema di tutti è finito per diventare l'interesse di uno. L'interesse di uno è a sua volta divenuto il problema di tutti. L'ordine delle cose si è capovolto. Alla grande riforma – che può essere realizzata solo con il fair play istituzionale e la massima trasparenza nei confronti dell'opinione pubblica – si sono sostituite i decreti e gli scudi firmati di volata, magari sotto dettatura dei Ghedini di turno, dai Cirami, Cirielli, Paniz: con tutto il rispetto, non passeranno alla storia dei riformatori di questo Paese. Quando si è voluto tenere più alto il tono, si è passati ai lodi affidati al presidente del Senato o al ministro della Giustizia. Il tutto per che cosa? Per finire triturati dal Quirinale, dalla Corte costituzionale, dal Csm, dal sindacato dei pm, quando non c'è stato l'aborto prematuro come per il recente comma salva-Fininvest (appunto) inserito in una manovra di aggiustamento dei conti pubblici chiesta dall'Europa. Il tutto nel tripudio dei media di sinistra, nell'imbarazzo dei liberali e dei moderati veri, a maggior gloria dello scandalizzarsi interessato dell'opposizione. Già, ma chi gli ha fornito le munizioni? Chi, in questi quasi vent'anni, è riuscito a perdere tutte le battaglie, legali e politiche? Il bilancio è questo: il Cavaliere è oggi privo di qualsiasi scudo, e deve corrispondere pronta cassa 560 milioni a De Benedetti. E questi sono problemi suoi. L'Italia ha ancora un sistema giudiziario penale e civile che fa vergogna, e questo è un problema di tutti. E per giunta se lo scrivi rischi la querela.

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