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Un governo a fine corsa

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Finis. È doloroso ammetterlo da parte di chi ha sempre sostenuto, con convinzione, il centrodestra. E che continuerà a rimanere fedele - come tanti altri - a ideali di società liberale fondata sulla democrazia concorrenziale, in politica, e sul libero mercato, in economia. Ma, piaccia o non piaccia, la realtà è questa. Siamo ormai giunti in dirittura d'arrivo, anche se l'ultimo tratto di strada potrà rivelarsi particolarmente faticoso. Finis, dunque. Non si tratta di pessimismo, ma di realismo. La protesta e la delusione che salgono dagli ambienti dei moderati sono palpabili. E fanno male, davvero male, i politici di centrodestra a non tenerne conto, perché dimostrano di aver perduto il contatto con il loro popolo: quel contatto che, proprio, era stato all'origine del successo e degli entusiasmi del 1994. C'è, ora, una tentazione che diventa sempre più forte. Si esprime in una battuta: «Siamo pronti a dimetterci da elettori del centrodestra». Non si tratta soltanto di un mugugno, di una reazione di irritazione di fronte a una manovra finanziaria, iniqua e oppressiva, allineata, nel metodo e nella sostanza, alle peggiori manovre del centrosinistra. Chi ne fosse convinto sbaglierebbe del tutto. Farebbe l'errore di chi, alla vecchia maniera, pensa che "passata la festa" sia "gabbato lo santo". Questa volta le cose stanno diversamente. Non si tratta della rabbia (sacrosanta) davanti a misure fiscali vessatorie e alla permanenza di privilegi, odiosi e ai più incomprensibili, riservati alla casta. È una rivolta morale frutto della delusione. Che Visco si comportasse come Dracula era più che comprensibile: al solo guardarlo lo si immaginava intabarrato, col cilindro sul capo e i canini sporgenti, aggirarsi nelle lande, di notte, alla ricerca di vittime da dissanguare. Che un ministro del centrodestra tiri fuori un'anima da gabelliere, che si presenti insomma come un Visco dal volto umano, non è cosa che il popolo di centrodestra - quello, per intenderci, del ceto medio e della marcia contro il fisco guidata a suo tempo da Antonio Martino e da qualche altro liberale vero - possa accettare a cuor leggero. La delusione per l'incremento di una pressione fiscale che va a tartassare i soliti "poveri Cristi" si accompagna a una vera e propria irritazione, se non indignazione, per l'insulto all'intelligenza implicito in certi comportamenti. L'inserimento, per esempio, in un provvedimento legislativo, quello appunto relativo alla manovra di stabilizzazione finanziaria, di una norma, la quale, di fatto, avrebbe finito per congelare l'eventuale risarcimento della Fininvest a De Benedetti sul Lodo Mondadori è uno di quei comportamenti che i liberali autentici non sono in grado di digerire. E non già - si badi bene - per il discorso capzioso sulle "leggi ad personam" quanto piuttosto per il fatto che si sia potuto pensare che una norma del genere abbia potuto trovare posto all'interno di quel tipo di provvedimento straordinario. È stato un passo falso - e poco conta se dietro di esso ci sia stata la volontà esplicita del presidente del Consiglio ovvero la piaggeria, l'incompetenza, la superficialità politica, lo pseudorealismo di cortigiani più berlusconiani di Berlusconi - che mina ancora di più la credibilità del governo. E, con essa, la fiducia dei moderati nel centrodestra. Poco importa ai fini della diagnosi il fatto che Berlusconi abbia deciso di far ritirare il provvedimento. Si ha l'impressione di essere alla vigilia di un crollo paragonabile a quello che, nel 476, portò alla fine dell'impero romano con la deposizione di Romolo Augustolo. Quel fatto, all'epoca, non fu immediato. Nel piccolo, quel disastro rischia di ripetersi. Per il centrodestra e nel centrodestra. E quello che, a sentire i rumours che circolano, starebbe dietro le quinte della bislacca vicenda della norma pro-Fininvest non fa che confermarlo: un codicillo preparato all'ultimo istante dal ministero della Giustizia, qualche ritocchino da quello dell'economia (giusto per renderlo incostituzionale), l'occhiata fuggevole poi smentita di un ministro leghista al testo, la vocina autorevole rivolta al Quirinale per metterlo sull'avviso e fargli sapere che chi ha firmato il provvedimento non è d'accordo con il contenuto. E via dicendo. Tutto ciò rivela che, ormai, sono in atto all'interno del centrodestra un processo di disfacimento e una lotta per sopravvivenza politica e per la successione a Berlusconi condotta senza esclusione di colpi. Per questo ho iniziato l'articolo con una parola: Finis. E con la stessa parola lo chiudo: Finis. Aggiungendo, però, una nota di speranza con un: a meno che…  

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