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Nel Pdl scoppia la questione morale

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Silvio Berlusconi e Angelino Alfano

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Tanta voglia di etica. È l'ultima febbre scoppiata all'interno del Pdl. Inaspettata, in verità. Una febbre che covava sotto traccia. Come un morbo nascosto. Recondito. Che ha mostrato i suoi sintomi a cui il paziente, questo partitone un po' pachiderma, non ha subito prestato attenzioni. Poi l'esplosione. Quando venerdì Angelino Alfano, dal palco dell'Auditorium Conciliazione, avverte rivolgendosi a Berlusconi: «Lei, presidente, è stato perseguitato dalla giustizia, ma non tutti lo sono». E, tanto per chi non avesse ancora capito, il neosegretario specifica: «Lo dico chiaro: noi dobbiamo lavorare a un partito degli onesti». Frasi accompagnate da due autentici boati dei membri del consiglio nazionale del Pdl. Una situazione paradossale visto che il nuovo leader del partito stava dicendo che evidentemente oggi la principale formazione politica italiana non può considerarsi un simposio di rispettosi della legge; eppure la base lo applaudiva condividendo. Un paradosso che in realtà non è. È la rivolta dei militanti e i dirigenti del Pdl che non vogliono finire come il Psi di Craxi, travolto da un'ondata giustizialista mentre il vertice non si rendeva conto di ciò che accadeva nel Palazzo e soprattutto nel Paese. Alfano parla mentre tutti in sala sono immobili, ascoltano in un silenzio religioso. Meno Jole Santelli, vicecapogruppo alla Camera, che s'aggira per la sala raccogliendo firme. Su cosa? Su un documento ideato da Giorgia Meloni e che ha subito trovato l'adesione anche del governatore della Calabria Peppe Scopelliti: la richiesta di un codice etico. Dopo quattrocento firme raccolte in due ore sul migliaio di presenti, gli stessi promotori l'iniziativa si sono fermati. Una iniziativa non etichettabile se non per il fatto che a firmare sono soprattutto (ma non solo) i quarantenni che si stanno facendo largo. Si va da Rampelli a De Camillis, da Cirielli a Marsilio, da Cossiga a Bernardo. E poi Cicu, Scelli, Vizzini, Laffranco, Pelino. Due ministri come Sacconi e La Russa. Due sottosegretari come Crosetto e Ravetto. Non è un piccolo segnale. Per esempio su internet, uno dei blogger più seguiti nel centrodestra, Daw, ha lanciato un po' per gioco la rottamazione del big del Pdl. Primo «rottamato», a furor di popolo on line, Nicola Consentino. Quarto, Denis Verdini. Eppure, l'ordine del giorno Meloni non aveva nemmeno toni dirompenti. Si chiedeva al segretario di «nominare una commissione per la redazione di un codice etico che stabilisca i requisiti necessari di moralità dei candidati a ogni livello elettivo e dei dirigenti del partito, nonché le previsioni di incompatibilità e di esclusione per quanti non vi ottemperino». Nella premessa si ricordava che «la "discesa in campo" di Silvio Berlusconi dopo la crisi della "prima repubblica", ha proposto ai cittadini un rapporto di fiducia basato su una nuova moralità della politica». E in questo rapporto «un ruolo centrale lo spirito di servizio verso la comunità nazionale che deve contraddistinguere l'impegno politico e l'onestà nella gestione della pubblica amministrazione» e si rilevava che «al contrario, chi sfrutta incarichi politici ed elettivi ai fini di un illecito arricchimento personale, o si rende complice di organizzazioni criminali di stampo mafioso, dimostra con tali comportamenti la propria incompatibilità con il percorso di rigenerazione della politica che il Pdl vuole rappresentare». Alfano ripartirà da qui. Certo, non farà nell'immediato fuochi d'artificio. La sua sarà una partenza lenta anche perché il nuovo segretario è ancora spaventato dal doppio incarico ministro-guida del partito. In settimana vedrà un po' di fedelissimi per schierarsi le idee. Poi il primo passo sarà sul nuovo sistema di regole e sanzioni interne.

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