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Sborsino loro quei cinque euro

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Cari lettori, provo a sottoporvi un singolare ragionamento: «Se l'ha fatto la sinistra, possiamo farlo pure noi». È più o meno questo il solfeggio filosofico con il quale l'esecutivo giustifica i suoi ultimi provvedimenti, più degni di un regime da polizia tributaria che di un sistema liberale. I lettori de Il Tempo sanno bene che il direttore non nutre alcun pregiudizio ideologico, ma se una cosa l'ha fatta la sinistra, io solitamente la guardo con molta attenzione, la stessa che dedico alle opere del centrodestra. E siccome ho una certa esperienza del mondo e della politica, non mi sfugge il fatto che in materia fiscale la sinistra ha un dna assolutista. Allora, se un governo guidato da Berlusconi comincia a giustificare il proprio operato sostituendo la bandiera azzurra con quella rossa, beh, mi preoccupo. La cresta sulle pensioni è sbagliata. Non fa parte della cultura liberale, è una sbobba indigesta che l'elettore del centrodestra non vuole mangiare. La maggioranza se ne faccia una ragione prima che sia troppo tardi. Se si vogliono realizzare risparmi previdenziali, non si carica il cannone e si spara a casaccio, ma si prende la fascia più alta dei pensionati, quelli che magari di trattamenti ne cumulano due o tre e li si fa accomodare alla cassa con il seguente invito: finora ti abbiamo trattato con i guanti bianchi, sei stato un privilegiato del sistema, ma oggi dai un contributo di solidarietà per risanare i conti pubblici. Lo stesso invito i parlamentari se lo autospediscano. Con ricevuta di ritorno e bollettino dell'avvenuto pagamento. Post scriptum per i liberali alle vongole: non ci raccontino la favola dei cinque euro, qui è il principio che conta. E comunque i cinque euro li caccino loro.  

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