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Un Patriarca vescovo di Milano

Angelo Scola

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Andrea Gagliarducci Alcuni lo definiscono «il ritorno a casa del figliol prodigo». Angelo Scola, cardinale, patriarca di Venezia, torna a casa, a Milano, come arcivescovo. Nella stessa casa dove non era potuto essere ordinato sacerdote. Era il 1970, Scola aveva 29 anni ed ebbe l'ordinazione sacerdotale a Termoli. Ma non torna a Milano con sentimenti di vendetta. Lo dice subito, rivolgendosi ai suoi nuovi diocesani di Milano: «Vi assicuro che il mio cuore ha già fatto spazio a tutti e a ciascuno». Da tradizione, il bollettino della Sala Stampa della Santa Sede pubblica le nomine della giornata a mezzogiorno. Angelo Scola ha convocato una conferenza stampa proprio a quell'ora. Si presenta davanti ai giornalisti con a fianco Marco Cé, patriarca emerito di Venezia, e Beniamino Pizziol, suo ausiliare fino a qualche giorno fa e ora nuovo vescovo di Vicenza. Fino alla nomina del successore di Scola a Venezia (si fanno i soliti nomi: Aldo Giordano, Pietro Parolin, persino un outsider come Luigi Negri, vescovo di San Marino) sarà Pizziol ad amministrare Venezia. Ma solo dal 7 settembre in poi: è per quella data che è prevista la presa di possesso della diocesi di Milano da parte di Angelo Scola. Che ci tiene a sottolineare di aver appreso la decisione del Papa solo da pochi giorni. «Ho accolto questa decisione del Papa perché è il Papa - ha detto Scola ai giornalisti - L'obbedienza è l'appiglio sicuro per la serena certezza di questo passo a cui sono chiamato. Attraverso il papa Benedetto XVI l'obbedienza mia e vostra è a Cristo Gesù. Per lui e solo per lui io sono mandato a voi. E comunicare la bellezza, la verità e la bontà di Gesù risorto è l'unico scopo dell'esistenza della chiesa e del ministero dei suoi pastori». In realtà, il nome di Scola è da sempre il più gettonato. Ed è un nome che divide. Tanto che Benedetto XVI ha voluto puntigliosamente seguire tutte le procedure per la nomina, perché non fosse una scelta calata dall'alto. Tre mesi di consultazioni, terne (in realtà a volte cinquine) di nomi proposti dal nunzio apostolico per l'Italia Bertello e portati all'attenzione dei cardinali presenti in Italia, fino al definitivo parere positivo della Congregazione dei Vescovi. Scola da tempo si è scrollato di dosso l'etichetta di vescovo ciellino. A Venezia ha saputo dare fiducia al clero del patriarcato composto anche in larga parte da ex preti operai, e ha promosso il dialogo tra le civiltà fondando un centro culturale e una rivista multilingue, entrambe chiamate «Oasis». Porta questa esperienza alla guida della diocesi di Milano. Nella conferenza stampa, Scola abbozza anche delle linee programmatiche del suo nuovo incarico. «Mi impegno - dice - a svolgere questo servizio favorendo la pluriformità dell'unità. Sono consapevole dell'importanza della chiesa ambrosiana per gli sviluppi dell'ecumenismo e del dialogo interreligioso». Ma forse avrà anche un altro compito: quello di portare avanti la causa di beatificazione di don Luigi Giussani, il fondatore di Comunione e Liberazione, che aveva persino pensato a lui come successore.

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