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Nella manovra di Tremonti spunta l'abolizione Irap

Il modulo per la denuncia dell'Irap

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Le solite tre paginette. Dalle quali emerge qualcosa ma ancora troppo poco per poter capire quali saranno i reali contenuti della riforma del Fisco che Giulio Tremonti si prepara a portare giovedì in Consiglio dei Ministri insieme alla manovra triennale da 43 miliardi Per il momento si sa che ci saranno tre aliquote Irpef, al 20, 30 e 40 per cento, su quelle più alte ci dovrebbe essere l'innalzamento dell'Iva di un punto, entro il 2014 dovrebbe sparire l'Irap e infine le rendite finanziarie dall'anno prossimo saranno tassate al 20%. Prevista, probabilmente, anche la soppressione dell'Ice, l'Istituto italiano per il commercio con l'estero. La misura che lascia più perplessi anche all'interno del Pdl è la riduzione graduale dell'Irap fino alla sua eliminazione. Si tratta di un'imposta molto odiata dai contribuenti sin dalla sua nascita nel 1997, e che il governo ha dichiarato da tempo di voler togliere ma difficile da toccare considerando che il suo gettito nel 2010 è stato di circa 33,5 miliardi. Dove troverà Tremonti i soldi per coprire queste minori entrate? Nella bozza, poi, vengono fissate le tre nuove aliquote Irpef ma non vengono stabiliti i nuovi scaglioni a cui andranno applicate, fondamentali per sapere come sarà rimodulata un'imposta che nel 2010 ha fatto entrare nelle casse dello Stato circa 165 miliardi. Nel documento verrebbe inoltre espressa l'intenzione di riorganizzare il sistema delle detrazioni e deduzioni, composto da 476 misure che pesano per 161 miliardi circa. Anche in questo caso, però, senza entrare nello specifico sugli interventi. L'obiettivo del governo sarebbe quello di arrivare ad una «rimodulazione» che consentirebbe di risparmiare fino a 16 miliardi di euro (il 10% del totale). E questo «tesoretto» potrebbe andare a coprire il finanziamento della nuova Irpef. Quanto all'incremento dell'imposta sulle rendite finanziarie (per la parte oggi ferma al 12,5%), avanza l'ipotesi di portare l'aliquota al 20%, già dal prossimo anno, escludendo però i titoli di Stato. Secondo alcune simulazioni la modifica porterebbe un maggior gettito di 1,5 miliardi. Tra le ipotesi allo studio anche l'incremento dell'Iva, che dovrebbe servire proprio a finanziare la riduzione Irpef. L'imposta lo scorso anno ha fatto entrare nelle casse dello Stato 116 miliardi di euro. Si discute di un possibile aumento di un punto percentuale per le due aliquote più alte (10% e 20%), mentre un'altra ipotesi prevede di innalzare anche l'aliquota più bassa (oggi ferma al 4%) e portarla fino al 6%. Per incrementare l'Iva, però, Tremonti dovrà aprire un nuovo fronte all'interno del Pdl: il ministro per lo Sviluppo economico, Paolo Romani, ad esempio, la scorsa settimana, intervenendo all'assemblea di Confcommercio, e quindi giocando in casa vista la fisiologica avversione dei commercianti a una strada che potrebbe gravare sui consumi e quindi sui loro introiti, ha assicurato (portando la «testimonianza diretta» dal premier) che non ci sarà alcun incremento dell'imposta sul valore aggiunto. E nello stesso senso si è speso anche il ministro della Difesa, Ignazio La Russa. In arrivo anche l'imposta sui servizi, che andrà a sostituire una serie di imposte indirette (Iva esclusa), tra cui l'imposta sulle concessioni governative, sulle assicurazioni, sugli intrattenimenti, sul registro di bollo e sulle imposte ipotecaria e catastale. In mancanza di calcoli più precisi è stata la Cgia di Mestre a fare una prima simulazione di quale potrebbe essere l'impatto sulle famiglie di una riforma di questo tipo: i risparmi medi di imposta oscillerebbero tra i 435 e i 573 euro. Nel primo caso il conto è fatto su un nucleo monoreddito, composto da 2 coniugi con 1 figlio a carico e con un reddito familiare (imponibile Irpef) pari a 34.774 euro, nel secondo caso un nucleo bireddito composta da 2 coniugi con 1 figlio a carico e con un reddito familiare (imponibile Irpef) pari a 34.774 euro suddiviso in parti uguali tra i 2 coniugi.

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