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Nichi l'eterna promessa

Nichi Vendola

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Quando nel 2004 cominciò a circolare il suo nome come candidato alle primarie del centrosinistra per la presidenza della Regione Puglia, la Gazzetta del Mezzogiorno lo intervistò presentandolo come giornalista, scrittore e politico. Perché nonostante quattro legislature da deputato alle spalle (1992, 1994, 1996, 2001) Nichi Vendola da Terlizzi era solo incidentalmente un «politico». Quasi per caso. È stata ed è la sua fortuna. Nessuno ricorda, o forse fa finta di non ricordare, che Nichi, classe 1958, ha tre anni in meno di Walter Veltroni e sette di Pier Luigi Bersani. Due che nel Pd sono considerati da «rottamare». Nessuno ricorda, o forse fa finta di non ricordare, che venne candidato per la prima volta alla Camera nel 1987. Lista del Pci nella circoscrizione Roma-Viterbo-Latina-Frosinone e poco più di 10mila preferenze. Davanti a lui, eletti, nomi storici della sinistra italiana come Alessandro Natta, Ugo Vetere, Luigi Pintor, Antonio Cederna, Stefano Rodotà. E anche due trentaduenni di belle speranze: il già citato Veltroni e Livia Turco. Insomma è piuttosto curioso che uno che nel 1972 aderiva alla Fgci; che negli anni '80 entrava a far parte dell'esecutivo nazionale dei giovani comunisti; che nel 1990 veniva chiamato nel Comitato centrale del Pci; non venga considerato immediatamente un «politico». Anche perché nel frattempo il buon Nichi, messo davanti al crollo del muro di Berlino e alla svolta della Bolognina, aveva girato le spalle ai compagni del neonato Pds, salutato, e dato vita ad un nuovo partito: Rifondazione Comunista. E qui veniamo al secondo paradosso perché Vendola, che il comunismo ha segnato persino nel nome (i genitori decisero di chiamarlo Nikita in onore del leader russo Kruscev, ma senza dimenticare Nicola, il santo patrono di Bari), difficilmente viene inserito nella categoria di coloro che «mangiano i bambini». Forse perché i primi ad attaccarlo quando nel 1978 dichiarò pubblicamente la propria omosessualità, furono proprio i «komunisti». O forse per quella sua fede cattolica che lo accompagna da sempre e che mal si sposa con i panni di «ateo mangiapreti». Insomma Vendola è così. Difficile da racchiudere in uno schema. Sempre e comunque «diverso» (come recitava lo slogan di una sua fortunata campagna elettorale). Non solo per il suo «curriculum» atipico, ma anche perché mentre diversi dei suoi ex compagni di viaggio rischiano l'estinzione, lui si gode vittorie su vittorie. Dalle Regionali in Puglia a quelle dei referendum e delle ultime amministrative quando si è addirittura preso il lusso di piazzare Giuliano Pisapia al comune di Milano, simbolo indiscusso del berlusconismo. E pochi ricordano che quando nel 2008 lasciò Rifondazione nella mani di Paolo Ferrero per lanciarsi in un'avventura solitaria, in molti parlarono di scissione dell'atomo e celebrano funerali in anticipo. Oggi Sinistra Ecologia e Libertà studia alleanze con Pd e Idv e Nichi, forte delle sue 599 «Fabbriche» sparse per l'Italia e il mondo, si prepara a correre alle primarie per la leadership del centrosinistra. Sì, proprio lui che non è anzitutto un «politico» e che nel 2004 così scriveva su Liberazione nella sua «Lettera di un candidato che non ama il potere»: «Ho sempre sentito una viscerale avversione, una repulsione antropologia alla grammatica del potere. Ho vissuto la mia vita come una permanente sgrammaticatura, come una fuga dal "ruolo" e dalle sue liturgie, accompagnandomi a quanti giacevano sotto la piramide sociale, schiacciati dal granito del potere». Verrebbe voglia di commentare, utilizzando il titolo di una fortunata rubrica di Claudio Cerasa sul Foglio, «Nichi, ma che stai a dì?» Ma Vendola si sa, è uno scrittore (Il Secolo d'Italia promosse a pieni voti il suo volume di poesie Ultimo mare). Ed è pure un giornalista. Qualche anno fa, sempre su Liberazione, teneva una rubrica che si chiamava «Il dito nell'occhio». E si dilettava, oltre che nel punzecchiare Massimo D'Alema, nel parlare di un certo Antonio Di Pietro: «Non un poliziotto, ma uno sbirro. Non un Pubblico ministero, ma un implacabile inquisitore. Non un politico spostato a sinistra, ma un sinistro politico da sempre con il cuore che batte a destra». Nel 2000 i due si trovarono in corsa per la presidenza della commissione Antimafia. Persero entrambi. Oggi si sfidano per la guida del centrosinistra.

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