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Bersani non si fa sedurre da Vendola

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Perquesto cade nel vuoto il ritorno alla carica di Nichi Vendola sul partito unico. «Con Nichi, costruiamo insieme l'alternativa di governo», reagisce il leader Pd con i suoi, credendo nel Nuovo Ulivo ma non nella fusione dei vari partiti. L'appello del governatore pugliese a unire le forze non è nuovo e ha estimatori anche dentro il Pd come Goffredo Bettini e Nicola La Torre. Ma è una formula che non piace alla maggioranza dei democratici, più interessati ad aprire i confini delle alleanze oltre il tradizionale centrosinistra che a fondersi con altri partiti. Anche perchè, ragiona un dirigente democratico, ci sono temi, come il lavoro o l'immigrazione, sui quali «già abbiamo problemi a fare sintesi tra alleati, figuriamoci se dovessimo convivere nello stesso partito». Se la reazione degli ex Ds è quantomeno fredda, molto più duro è il niet che arriva dall'ala ex Dc del partito. Marco Follini, che vorrebbe mollare Idv e Sel per l'Udc, parla di «narrazione surreale» mentre va giù ancor più duro il deputato di area lettiana Guglielmo Vaccaro: «Non serve, rischia di farci molto male e di avvelenare l'essenza stessa del nostro progetto». Bersani, dal canto suo, non ci crede e anche l'altro alleato, Antonio Di Pietro, sembra più interessato alla stretta sull'alleanza che a nuove strade: «L'importante è che ci diamo una mossa per la costruzione dell'alternativa». In realtà il segretario Pd non ha alcuna intenzione di cambiare la sua linea, sulla quale ora concorda, alla luce dell'esito elettorale, anche la minoranza interna. Quindi, avanti tutta sull'alleanza larga, che, partendo dal centrosinistra, si rivolga anche al Terzo Polo. Ed è in questa chiave che stamani il vertice, convocato da Bersani sulla legge elettorale, prenderà in considerazione la bozza Bressa che, essendo un mix di proporzionale e uninominale oltre a prevedere i collegi con il doppio turno, potrebbe allettare anche l'Udc, da sempre proporzionalista. Ma dall'area dei Democratici torna a far sentire la sua voce anche Romano Prodi, ospite ieri di una conferenza al teatro Boiardo di Scandiano, suo paese natale. Un intervento tutto contro il governo, accusato di essere «barometrico, assolutamente incapace di prendere decisioni necessarie contro l'opinione pubblica, per paura di perderne il consenso: e in questo modo non si va da nessuna parte». Parlando della situazione economica del paese, Prodi ha citato anche il caso del porto di Gioia Tauro: «Era tra i più strutturati del Mediterraneo, sicuramente il meglio posizionato in Italia. Oggi perde la più grande azienda di container mondiale che vi svolgeva il proprio commercio».

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