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Sinistra paura di non farcela

Antonio Di Pietro

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La sinistra-sinistra, quella per capirci che fa capo a Vendola e Di Pietro, ha già cominciato a frenare da tempo, dopo l'esultanza iniziale. Quando la Cassazione aveva ammesso al referendum anche il quesito sul nucleare l'opposizione aveva immediatamente trasformato la consultazione nell'ennesima battaglia pro o contro Berlusconi. Caricando il voto di significati politici. Ora, invece, inizia a saltar fuori la consapevolezza che raggiungere il quorum sui quattro quesiti non sarà proprio facilissimo. Anzi. E allora da Di Pietro a Vendola ai quotidiani dell'opposizione tutti stanno cercando di gettare acqua sul fuoco degli entusiasmi. Anche per non trasformare una possibile sconfitta in una rivincita proprio di Berlusconi. Il quale, se il voto sul referendum si caricasse di significati politici, potrebbe sfruttare una eventuale vittoria in chiave di sostegno al governo e soprattutto a se stesso. Una ipotesi alla quale dà voce Pier Ferdinando Casini: «Noi dell'Udc siamo nettamente contrari a un uso politico, a un uso improprio dei referendum indipendente dai contenuti specifici – spiega in un'intervista al Corriere della Sera – Si fornirebbe un'opportunità straordinaria a Berlusconi di rivincita». Così ora nell'opposizione tutti fanno a gara a spiegare che si tratta solo di quesiti su temi ben specifici e che non sarà una consultazione pro o contro Berlusconi. Anche perché la paura di non farcela inizia a farsi sentire. Ieri il Fatto Quotidiano titolava con un guardingo «Referendum, attenti al quorum» e nell'occhiello spiegava «niente trionfalismi, obiettivo tutt'altro che scontato». Antonio Di Pietro, leader dell'Italia dei Valori, si affanna a sua volta a disinnescare la «bomba» della spallata a Berlusconi. «Trasformare i referendum in una specie di elezione politica camuffata, tra i sostenitori del centrosinistra e quelli del centrodestra – avverte – non vorrebbe dire solo darsi la zappa sui piedi, sarebbe anche una grandissima ingiustizia nei confronti di moltissimi cittadini e un tradimento dello spirito referendario». Anche perché, osserva, «cosa dovrebbe fare un elettore del Pdl che però vuole anche difendere i suoi figli e i suoi nipoti dall'incubo nucleare, o un cittadino che vota per la Lega ma non vuole che l'acqua diventi fonte di profitto per pochi ricchi?». Ma se l'Italia dei Valori è tutta schierata per i quattro sì nel Pd le posizioni sono diverse. E iniziano ad emergere le prime perplessità. Il sindaco di Firenze Matteo Renzi, ad esempio, a proposito dei due quesiti sull'acqua riprende le osservazioni fatte venerdì dall'agenzia di rating Fitch sul rischio che l'abrogazione della legge sulla privatizzazione dei servizi pubblici blocchi gli investimenti. «Le casse pubbliche italiane – ha spiegato – non paiono in condizioni di assicurare gli interventi necessari senza ricorrere al privato». Posizione opposta quella di Luca Zaia, governatore leghista del Veneto, che voterà sì ai quesiti che riguardano l'acqua ed il nucleare. «Non indico le linee del partito – ha precisato – ma il sentimento del popolo, che è quello di difendere fino in fondo questi due grandi valori». Dal Pd, intanto, arriva un ulteriore attacco all'esecutivo: ieri ha chiesto alla Corte costituzionale il «rigetto dell'istanza del Governo volta a far dichiarare inammissibile il referendum sul nucleare e il perfezionamento, come previsto dalla legge e dalla Costituzione, della conferma della consultazione referendaria per il 12 e il 13 giugno».

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