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L'Agcom richiama la Rai: "Più pubblicità ai quesiti"

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La Rai si è rivelata finora «inidonea a garantire l'effettivo rispetto del regolamento della Commissione parlamentare di vigilanza», ovvero la par condicio sul referendum. È il pesante verdetto scaturito ieri dalla riunione della Commissione servizi e prodotti dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni che, nella sua riunione, ha esaminato i risultati delle istruttorie sugli esposti pervenuti in materia di comunicazione politica sui referendum (tribune e messaggi autogestiti). L'Authority, «alla luce del precedente richiamo rivolto alla Rai e a seguito dell'esame della programmazione prevista dalla Concessionaria pubblica per il periodo della campagna referendaria», ha ritenuto quindi che «essa non sia idonea a garantire l'effettivo rispetto» di quanto previsto dal regolamento della Vigilanza. L'Agcom ha pertanto emanato nei confronti della Rai un «ordine conformativo affinché essa provveda, da domani, alla diffusione giornaliera dei messaggi autogestiti su tutte le tre reti generaliste assicurando, a rotazione per ciascuna giornata, la collocazione su una delle reti nella fascia di maggior ascolto (dalle 18,30 alle 22,30); quindi alla diffusione di tribune elettorali su tutte le tre reti, assicurando a rotazione, almeno su una rete al giorno, la trasmissione nella fascia di maggior ascolto; poi a garantire una rilevante presenza degli argomenti oggetto dei referendum nei telegiornali e nelle trasmissioni informative di maggior ascolto di tutte le tre reti generaliste. In caso di inottemperanza all'ordine impartito saranno applicate le sanzioni previste, sottolinea l'Agcom. Infine, nell'esercizio della sua funzione di vigilanza, l'Agcom verificherà – spiega ancora una nota – l'osservanza dell'ordine odierno attraverso il monitoraggio della programmazione. A tal fine la Commissione servizi e prodotti è già stata convocata per martedì prossimo. L'Autorità ha inoltre rivolto alle emittenti televisive nazionali private l'invito ad assicurare la più ampia informazione sui referendum. E infine ha sollecitato i Comitati regionali delle comunicazioni (Corecom) a completare entro lunedì tutti gli adempimenti necessari per la trasmissione dei messaggi autogestiti gratuiti sulle emittenti locali. Il richiamo dell'Agcom fa ovviamente gongolare il centrosinistra, schierato a difesa dei referendum. Anche se all'interno del Pd cominciano ad arrivare i primi dubbi. Franco Bassanini, attuale presidente della Cassa Depositi e Prestiti ed ex diessino, è contrario all'abrogazione della legge sulla privatizzazione dei servizi pubblici. «Se dovesse passare il referendum sull'acqua faremo un tragico passo indietro in direzione di una minore liberalizzazione», ha commentato. E questo, ha aggiunto, «con gravissimi problemi che i promotori dei referendum, compresi ahimè alcuni ex liberalizzatori, come il mio amico Pier Luigi Bersani, fingono di ignorare completamente, perché la gestione pubblica di questi settori non è messa in pericolo. Nella legge Ronchi-Fitto, che sarà sottoposta a votazione il 12-13 giugno c'è scritto che l'acqua resterà un bene pubblico quindi non è in discussione; è in discussione il modo con cui si affida la gestione dei servizi di captazione, distribuzione, depurazione dell'acqua, di raccolta, smaltimento, termovalorizzazione dei rifiuti, di trasporto locale». Ma Bassanini ha anche insistito sullo stesso rischio che ha sottolineato l'agenzia di rating Fitch: se questi servizi vengono gestiti direttamente dall'ente pubblico, «c'è una conseguenza immediata: che tutti gli investimenti che in questi tre settori si calcolano nei prossimi dieci anni, per 120 miliardi di euro, vanno sul debito pubblico. Siccome dobbiamo per vincolo europeo, sanzionato ormai dall'Europa oltre che dai mercati, ridurre il debito pubblico del famoso 1/20esimo, praticamente del 3% l'anno, come si fa a investire in questi settori, che hanno disperato bisogno di investimenti?». Dubbioso anche il sindaco di Firenze Matteo Renzi: «Andrò a votare per il referendum» e «voterò tre sì», ha spiegato ma «ho invece un dubbio per uno dei quesiti sull'acqua, il secondo, quello sulla remunerabilità dell'investimento sul quale non ho ancora deciso» e «ragionevolmente» potrebbe essere un no. In merito al suo dubbio sul secondo quesito referendario Renzi ha sottolineato che da un lato «c'è l'esigenza di dare un segnale sul valore sull'acqua», ma dall'altro «è vero che devono essere garantite forme per l'investimento». Dubbiosa anche la presidente della Confindustria Emma Marcegaglia: «Capisco il momento particolare ma secondo noi ha senso anche ragionare sul nucleare».

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