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Pagina vergognosa per il calcio italiano

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Stadi fatiscenti e desolantemente vuoti, disamore diffuso, ruolo secondario nell'Europa che conta: al calcio italiano soltanto questo mancava, una bella immagine da offrire al mondo. Non ci fossero Blatter e la Fifa con i relativi impicci elettorali a offrici un minimo di consolazione, il nostro calcio sarebbe, in fatto di prestigio, in fondo alle graduatorie internazionali. Un nuovo cataclisma legato alle scommesse, trentuno anni dopo quello che aveva sconvolto il più popolare dei nostri sport, per non parlare della Tangentopoli in cui nessuno poteva scommettere perché sapeva di avere perso in partenza. Sembra, questo tsunami scatenatosi quando la stagione regolare ha chiuso, lasciando posto soltanto agli spareggi, una cosa più allarmante rispetto al precedente del 1980, quando il fenomeno era stato casareccio, con aspetti perfino grotteschi, prima che si arrivasse alla conclusione, spettacolare e amarissima, delle auto dello polizia negli stadi per la più singolare e avvilente delle retate. Allora eravamo alla vigilia del Campionato d'Europa ospitato proprio dall'Italia e lo scandalo non fu estraneo ai trattamenti arbitrali, del tutto anomali per una squadra di casa, che ci preclusero la finale. Va anche sottolineato come quasi risibile, per gli addetti ai lavori, l'origine della vicenda, denunciata da due signori che sostenevano di essere debitori di un miliardo nei confronti degli allibratori clandestini. Ricevettero fin troppa attendibilità, anche se era noto che il «banco», senza alcun riscontro scritto, non si sarebbe potuto permettere di lasciare vivi debitori così importanti, a rischio di rinunciare a tutti gli altri crediti maturati. Ma era anche figlia, quella vicenda, dell'incredibile tolleranza che per anni aveva segnato vicende fin troppo sospette, risultati guidati (anche dall'alto) e squadre che si presentavano in trasferta con bagagli carichi di banconote, per comprarsi la salvezza. Poi le scommesse furono finalmente regolarizzate, la gestione del gioco affidate alle agenzie, qualcuno doveva trovare altre strade per elevare il livello di inquinamento dell'ambiente, già malsano alle origini. Non più i giochetti ingenui che avevano coinvolto fior di campioni, disposti al piccolo imbroglio per un titolo di capocannoniere. Qualche avvisaglia negli scorsi anni, perfino patetica: le intercettazioni telefoniche in cui l'arbitro veniva definito l'uomo nero, secondo gli improvvisati imprenditori per eludere i sospetti. Adesso nella tempesta prodotta dalla Procura di Cremona spuntano nomi insospettabili, una turpe vicenda che aveva perfino prodotto avvelenamenti di avversari scomodi esplode con echi fragorosi, tornano in bilico promozioni che rischiano di riscrivere il panorama delle serie più importanti. Perché la responsabilità oggettiva, un mostro giuridico per altro indispensabile per gestire la giustizia sportiva, colpirà le società i cui tesserati si siano resi colpevoli di illeciti. Si è salvata la massima divisione perché l'unica intercettazione relativa alla partita tra Inter e Lecce si è rivelata una bufala colossale, chi aveva consigliato di puntare sull'«over», cioè tanti gol, era un monumento al millantato credito, al massimo potrà essere perseguito dalla giustizia ordinarfua, ma anche dai polli che si erano esposti prendendo per buone quelle informazioni. Per fortuna, se si vuole trovare un motivo di conforto, la giustizia sportiva ha tempi molto più brevi rispetto a quella ordinaria, la prossima stagione potrà partire senza punti interrogativi nelle composizioni dei campionati. La vergogna, quella sarà difficile cancellarla.

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