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Se vince le Amministrative Silvio torna in gioco

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Achi glielo ha chiesto anche di recente, Silvio Berlusconi ha risposto con poche parole. Quasi un sospiro. Il Cavaliere sembra aver accantonato il sogno del Quirinale. Non c'è dubbio che il Rubygate lo abbia inevitabilmente azzoppato. E Berlusconi non è così stupido da non rendersene conto. Ma è altrettanto vero che il sogno non è tramontato. Finito. Archiviato. Anzi, Silvio continua a coltivarlo e coccolarlo in qualche parte recondita della sua mente: sarebbe il coronamento di una carriera politica da leader. Sa che da qui all'elezione del nuovo presidente della Repubblica ci sono altri due anni e soprattutto le elezioni Politiche in mezzo. Molte cose possono accadere e soprattutto il premier è abituato e ha abituato gli italiani a continui rovesci e cambiamenti di fronte. Basti pensare che appena due anni fa pronunciò il famoso discorso di Onna per il 25 aprile, sembrava un padre della Patria, era al suo massimo consenso sebbene fosse nel pieno di una crisi economica e avesse dovuto affrontare due emergenze non da poco: i rifiuti a Napoli e il terremoto a L'Aquila. Il percorso in effetti c'è. Berlusconi spera di vincere e vincere bene le prossime amministrative. Che vuol dire vincere? Intanto confermare le città dove già governa il centrodestra. E magari strapparne una o due importati al centrosinistra. Non a caso oggi sarà a Crotone, attualmente governata dal centrosinistra, per sostenere il candidato centrista Dorina Bianchi, molto cara alle alte sfere del Vaticano: così rinsalderebbe il rapporto con la Santa Sede. E sempre non a caso venerdì chiuderà la campagna elettorale a Napoli, un po' la città simbolo di questa tornata. Perché bandiera del malgoverno del centrosinistra e perché nel caso confermerebbe la buona azione del governo nazionale. Si vedrà. Se si avvereranno questi desiderata del Cav, il premier è convinto di arrivare alla fine della legislatura. In effetti non ci sono più grandi appuntamenti elettorali, non ci saranno grandi occasioni per l'opposizione per farlo cadere. Almeno sulla carta, perché di sorprese in questa legislatura se ne sono viste già molte. C'è poi un altro dato più contingente. Gli uomini del premier sono convinti che subito dopo il voto Adolfo Urso lascerà Futuro e Libertà, portando con sé forse un paio di deputati. Non tornerà nel Pdl ma probabilmente approderà a un gruppo intermedio, una sorta di gruppo di Coesione nazionale che d'altro canto esiste già al Senato e nel quale sono confluiti gli ex Fli. All'operazione sta lavorando Andrea Augello, sebbene il vero regista sia il ministro Altero Matteoli. Lui e Adolfo Urso sono malignosamente chiamati i "peripatetici" dalle malelingue degli ex Forza Italia che non vedono di buon occhio la riunificazione degli ex An: spesso passeggiano assieme in Transatlantico, avanti e indietro a fare le tradizionali "vasche" nel più famoso corridoio di Montecitorio, riverdendo l'antica tradizione dei filosofi greci. Comunque sia, non c'è da stupirsi. Matteoli e Urso erano i leader di Nuova alleanza, la componente interna di An che fu costituita proprio per volere di Fini. Ora è spaccata a metà come una mela, un pezzo è rimasto del Pdl e un pezzo è andato con Fli. Con amicizie che si sono infrante, tanto che proprio nel momento della scissione finiana Marco Martinelli (Matteoli) ed Enzo Raisi (Urso) vennero alle mani sotto gli occhi del presidente della Camera. Che c'entra tutto ciò con il Quirinale? C'entra perché spezzoni di quel che fu An scommettono sulla sconfitta di Fli e sotto sotto anche del Pdl sperando in una riunificazione dell'ex partito di Fini. Una nuova aggregazione che rafforzerebbe Berlusconi nel breve ma lavorerebbe per un disgelo: una forza di interposizione che finirebbe per non essere marginale nei giochi parlamentari. E Berlusconi? Silvio stava lavorando a costruire un rapporto diverso con l'opposizione. Contatti si erano intensificati con Massimo D'Alema. Almeno per provare a trovare un'intesa di non belligeranza su alcuni punti della riforma della giustizia. Proprio mentre questo dialogo s'è fatto più intenso è spuntata fuori un'inchiesta della magistratura sui finanziamenti alla fondazione dalemiana Italianieuropei. Un fatto che è stato interpretato come un chiaro avvertimento. Si vedrà dopo il voto. E soprattutto molto dipenderà da che Italia verrà fuori dalle urne. Se venisse fuori ciò che si augura il Cav, sarà più conciliante con il centrosinistra e comincerà a preparare una lenta uscita di scena. Per esempio presentando un simbolo per le Politiche che non preveda più la scritta «Berlusconi presidente», ma solo il nome del premier. In modo da lanciare il successore. Di sicuro i numeri al momento gli sorridono. Se nel 2013 vincesse alla Camera e pareggiasse al Senato, potrebbe puntare al Quirinale perché avrebbe dalla sua anche i voti dei delegati delle Regioni. Stavolta sono in larga parte di centrodestra.

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