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Napolitano sbotta: siete degli ipocriti

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Giorgio Napolitano

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Alla fine anche lui ha perso la pazienza. E al Quirinale nel bel mezzo delle celebrazioni ufficiali per il Primo maggio (una festa che per Giorgio Napolitano non è proprio una festa qualunque), il presidente della Repubblica si lascia scappare uno sfogo amaro: «I miei richiami sono accolti con ipocrisia istituzionale». Con chi ce l'ha? Con tutti, spiega chi frequenta spesso il Quirinale. Dice Napolitano: «È sufficientemente chiaro il bisogno - sono ancora le sue parole - che io avverto già da tempo, di un richiamo alla durezza delle sfide che ci attendono e già ci incalzano. Sembra quasi talvolta, che l'accogliere oppure no, il far propri sinceramente o no quei miei richiami, sia una questione di galateo istituzionale o un esercizio di ipocrisia istituzionale». Quindi la stilettata: «Ma è ai fatti e alle conseguenti responsabilità che sempre meno si potrà sfuggire - insiste il Capo dello Stato - senza mettere a repentaglio quel qualcosa di più grande che ci unisce, quel comune interesse nazionale, che non è un ingannevole simulacro, senza finire per pagare prezzi pesanti in termini di consenso». Poi Napolitano aggiunge: «Mi domando, ed è una domanda che può riferirsi anche alle relazioni tra le forze politiche: è inevitabile l'attuale grado di conflittualità, è impossibile l'individuazione di interessi e impegni comuni? Si teme davvero che possa prodursi un eccesso di consensualità, o un rischio di cancellazione dei rispettivi tratti identitari e ruoli essenziali?». Che cosa porta il presidente della Repubblica a un richiamo così duro? Per una volta non sembra che i fulmini siano scagliati contro Silvio Berlusconi: forse mai come in questa circostanza i due appaiono in linea, assieme sul fronte libico. Il primo bersaglio è il Pd. Napolitano, e questo non è un mistero, avrebbe voluto che non fosse stata presentata alcuna mozione sulla partecipazione italiana ai bombardamenti a Gheddafi. Proprio per mostrare un Paese, in evidente difficoltà sul piano internazionale, quanto mai compatto. Almeno in questa circostanza. E da Pierluigi Bersani aveva avuto rassicurazioni che il suo partito, il partito dalle cui file proviene, non avrebbe presentato mozioni. Ma nel Pd ormai è guerra più che a Misurata. Il capogruppo alla Camera Dario Franceschini ha presentato un testo, il capogruppo in commissione esteri Giorgio Tonini, veltroniano, segue una sua linea ancora più interventista, al Senato nessuna mozione. Massimo D'Alema, quello più in sintonia con il Colle, era più orientato a non presentare testi. Di Pietro, da fuori, soffia sul fuoco e sfida il Pd a vedere se voterà con il governo, cercando così di lucrare qualche voto. Forse al Colle si aspettavano anche tempi più diluiti, ma Fini ha fatto di tutto per calendarizzare la questione Libia con eventuale voto già la settimana prossima. Del centrodestra non ne parliamo. La Lega, che pure era sembrata sulla linea del Quirinale, ha presentato addirittura un suo testo chiedendo una data di scadenza per i bombardamenti come se fossero yogurt. Fonti dell'intelligence hanno dipinto un quadro molto più chiaro. La missione della Nato in Libia non durerà tanto tempo. Esperti militari assicurano che tutto non supererà le due settimane. Innanzitutto perché l'operazione ha costi altissimi. Si parla di circa 300 milioni di euro al giorno. Che vanno sì ripartiti tra tutti i Paesi membri ma comunque alla lunga sono una spesa enorme che difficilmente può essere ancora sostenuta a lungo. Poi Gheddafi appare aver perso il controllo di larga parte del suo Paese e anche delle milizie. Ogni trattativa è naufragata quando i ribelli si sono mostrati disponibili ad accettare persino un successore indicato dal Colonnello a condizione che non portasse lo stesso cognome: insomma, tutti ma non un figlio. Ipotesi che Gheddafi ha rigettato e dunque chiudendo a qualunque ipotesi di mediazione. Tra i suoi non si contano più le defezioni. Di fronte a tutto ciò, di fronte pure all'ennesima minaccia del Colonnello, l'Italia dovrebbe apparire unita. E invece la politica è alle prese con guerre tra partiti, dentro i partiti, attraverso le correnti. Tutti a cercare di lucrare qualche voto in più a Pontecurone piuttosto che a Ozegna, a Palazzago piuttosto che a Carugate, a Codogno piuttosto che a Ficarolo, a Pontremoli piuttosto che a San Severino Marche, a Roccasecca piuttosto che a Morlupo. Facile immaginare lo stato d'animo di Napolitano.

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