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Polverini spiata

Il presidente della Regione Lazione Renata Polverini

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Un sospetto diventato realtà. Da tempo pensava che qualcuno la spiasse. E due sere fa ecco la conferma: nella sua stanza è stata scoperta una microspia. In funzione. Nell'ufficio della presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, è stata trovata una «cimice» nella presa della corrente, coperta da un mobile con sopra un televisione piatto. Aperta la scatola, ecco spuntare fuori un'apparecchiatura grande un paio di centimetri in grado di far ascoltare a chi l'ha installata tutte le conversazioni che il governatore faceva nella sua stanza, quando stabiliva insieme al suo staff le scelte da prendere, i programmi da seguire e anche i decreti da firmare. Soprattutto quelli nel mondo della sanità. Ma chi può aver inserito nella sua stanza l'apparecchiatura informatica? Il numero uno della Regione non esclude nessuna ipotesi: dalla criminalità organizzata, ai servizi segreti deviati ai titolari di aziende estromesse dal suo ingresso in via Cristoforo Colombo. E da quanto tempo le microspie si trovavano in quella stanza? La Polverini, logicamente, non ne ha idea. Ma una cosa è certa: quando lei si è insediata alla Regione non ha disposto nessuna bonifica dei suoi locali. Comunque la microspia era ancora in grado di captare le conversazioni e quindi l'installazione non può risalire a molto tempo fa. La bonifica non ha riguardato soltanto la stanza del governatore, ma tutto il palazzo della Regione Lazio. Tanto che durante le ricerche di congegni elettronici sono state scoperte dalla ditta esterna anche microcamere. Appena Polverini è stata messa a conoscenza della scoperta, ha avvertito sia la procura di Roma sia il prefetto della Capitale Giuseppe Pecoraro. Gli inquirenti hanno subito aperto un'inchiesta ipotizzando contro ignoti i reati di installazione abusiva di apparecchiature idonee a intercettare e interferenza illecita. L'indagine non è escluso che possa intrecciarsi con quella sui due tentativi di ingressi nella sua abitazione da parte dei ladri. «Da quando ci siamo insediati abbiamo avuto da subito l'idea che qualcuno potesse avere la possibilità di informarsi su ciò che stavamo facendo». Proprio per questo motivo, la governatrice ha disposto una serie di controlli anche a livello informativo e «umano», passando sotto la lente d'ingrandimento tutti i badge per l'ingresso nella sede della Regione: seicento erano stati assegnati negli anni a persone «sconosciute» e sono stati ritirati. Alcuni imprenditori avrebbero anche inviato badge alla Regione per chiedere il motivo del mancato funzionamento del tesserino magnetico. Per quanto riguarda invece gli accessi al sistema informatico, i controlli hanno portato alla scoperta di ben 1.200 password «illegali». A far scattare le operazioni di bonifica sono stati, tra l'altro, diversi episodi che hanno insospettito la Polverini. «È capitato di firmare un decreto a mezzanotte e la mattina dopo, anche se non finiva sui giornali, c'era qualcuno che ne era a conoscenza ancora prima che io lo rendessi noto». In alcuni casi sarebbero state addirittura organizzate conferenze stampa prima che la governatrice rendesse pubblico il decreto. Il lavoro dei pm, diretti dal procuratore aggiunto Nello Rossi, adesso punterà a capire qual è la ditta che ha prodotto le microspie e le piccole telecamere e a identificare il responsabile.

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