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La Nato festeggia il suo compleanno e frena sull'intervento in Libia

Consiglio Nato riunito

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Oggi, 4 aprile, è il compleanno della Nato. Dal giorno in cui l'Alleanza ha assunto la responsabilità della direzione delle operazioni in Libia i bombardamenti sulle truppe di Gheddafi sono drasticamente diminuiti, praticamente cessati.Gheddafi sogghigna, i lealisti si sono ringalluzziti e hanno ripreso a bombardare le città degli insorti. Quest'ultimi, invece, sono terrorizzati sia perché una quindicina di loro sono stati mandati all'altro mondo da un raid alleato presso Brega, sia perché sentono avvicinarsi sempre più la minaccia del raiss: «Verremo a stanarvi casa per casa!» Il nulla operativo cui stiamo assistendo ha dell'incredibile. E' come quando l'Unione Europea decide di risolvere il problema dell'immigrazione clandestina a Lampedusa, dicendo: «L'Italia si arrangi!» È come quando l'OSCE cercava di risolvere il problema del Kosovo, dicendo: «Si applichino i due principi (in contrasto fra di loro) dell'autodeterminazione dei popoli e dell'intangibilità delle frontiere!» È come quando l'ONU tenta di risolvere il contenzioso israelo-palestinese dicendo: «Siamo per una soluzione negoziata!». È come quando Veltroni dice «Ma anche». In tutti questi casi il risultato è pari a zero. Ora appare chiaro uno dei motivi per cui l'operazione «Odyssey Dawn» era stata lanciata da tre paesi volonterosi che condividevano un obiettivo anziché da una alleanza di 28 paesi membri ciascuno dei quali ha la sua visione. Quando si è in tre si decide meglio e si opera molto più rapidamente che in 28. Statisticamente, fra ventotto soci ce ne sono sempre dieci indifferenti, quattro che frenano e due che remano contro. Risultato: il consenso non si trova, quando lo si trova è passato un tempo inaccettabile e tale consenso configura pure un inutile compromesso al ribasso. In termini di costo/efficacia, se ci si voleva liberare del raiss bisognava lasciar fare ai Tre, che avrebbero raggiunto l'obiettivo in 10-15 giorni. Se invece si vuole impiegare la Nato, allora si deve essere consapevoli del fatto che le cose potranno andare per le lunghe o per le lunghissime (Afghanistan docet) in maniera prudente e altalenante e senza alla fine ottenere il risultato. Su queste colonne erano già stati spiegati i motivi per cui l'intervento della Nato non era ritenuto opportuno. Oggi a quei motivi se ne aggiunge uno decisivo: siamo tornati indietro. Siamo tornati al giorno precedente il vertice di Parigi, quando le milizie gheddafiste, regolari o mercenarie che fossero, si stavano ri-impadronendo di tutta la Libia brutalizzando le popolazioni civili. Siamo tornati alla situazione che aveva resa necessaria l'adozione della risoluzione 1973 e la convocazione del vertice di Parigi. E soprattutto siamo ritornati alla deprecata e burocratica «guerra per comitati» tipica dell'Alleanza atlantica. Gheddafi è soddisfatto come era soddisfatto Milosevic nel 1999 quando le lunghissime, lentissime e numerosissime consultazioni fra ciascun paese membro a Bruxelles e fra le rappresentanze alla Nato e le rispettive capitali gli consentivano di ripulire a suo piacimento il Kosovo dalla maggioranza dei suoi abitanti. Con risvolti tragicomici. Un giorno accadde che una villa di Milosevic fu riconosciuta sede di un centro di trasmissioni fra Belgrado e le unità militari serbe. Pertanto quella villa diventò un obiettivo militare legittimo. Nella discussione in ambito Consiglio Atlantico tutte le rappresentanze di tutti i paesi membri diedero il loro assenso, ma alla fine la decisione fu bloccata dall'ambasciatore olandese, che informò tutti i suoi attoniti colleghi che la sua capitale aveva deciso di non concedere l'autorizzazione a colpire quell'obiettivo perché risultava che in quella villa fosse custodito un Rembrandt! Probabilmente quella mancata decisione costò la vita a qualche decina di albano-kosovari, però fu salvata la vita di un prezioso quadro. Questione di scelte.

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