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L'Italia apre ai ribelli La Nato accende i motori

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I ribelli rispondono all'offensiva diplomatica del Colonnello. Gli emissari del Consiglio di transizione libico, costituitoisi a Bengasi, sono in giro per l'Europa in cerca di quella legittimazione internazionale che il Raìs ha perso e che loro devono conquistare ponendosi, per la prima volta, come interlocutori degni di un riconoscimento. Da Bengasi già avviati i primi rapporti con Roma: «Ci sono dei contatti con il governo italiano che stanno andando nella giusta direzione», ha spiegato il portavoce del Consiglio nazionale libico Abdel Hafiz Al Ghogha. «Da ieri (martedì, ndr) - ha riferito - abbiamo avuto colloqui telefonici con il ministro degli Esteri Franco Frattini». Il capo dei rivoltosi libici non specifica il contenuto del dialogo avuto con il titolare della Farnesina, ma sembra ottimista. «Auspichiamo che una no fly zone venga imposta sulla Libia dalla Comunità internazionale, altrimenti cercheremo di dotarci, dall'estero, di armi in grado di contrastare gli attacchi aerei da parte del regime di Gheddafi», spiega ribadendo ancora una volta di non volere un intervento militare dall'estero. «Siamo comunque convinti che la Comunità internazionale non starà a guardare mentre questo regime distrugge il paese. La rivoluzione - assicura - andrà comunque avanti grazie alla volontà dei giovani». Ieri, intanto, il presidente svizzero, Micheline Calmy-Rey, ha incontrato Jebril El-Waalfarvi, rappresentante del Consiglio Nazionale di Transizione libico.   «Durante l'incontro l'esponente degli insorti ha esposto le sue considerazioni sulla situazione attuale in Libia e sui possibili sviluppi», comunica il governo di Berna. El-Waalfarvi «ha presentato le richieste dei ribelli e il programma politico del Consiglio di Transizione». Oggi è la volta della Francia. Mahmud Jibril e Ali Essawi, incaricati per gli affari internazionali del Consiglio nazionale di transizione saranno ricevuti da Sarkozy all'Eliseo. L'incontro è previsto alle 10 e, precisa la presidenza francese, «sarà l'occasione per evocare la situazione generale in Libia, in particolare la situazione umanitaria e l'azione del Consiglio». Dagli Stati Uniti arrivano buone notizie per i rivoltosi. Il portavoce della Casa Bianca Jay Carney non esclude infatti che la comunità internazionale possa in futuro fornire armi ai ribelli libici, se sarà necessario. Secondo Carney, infatti, la risoluzione dell'Onu sull'embargo alle forniture di armi al regime di Muammar Gheddafi, la 1970, ha una flessibilità sufficiente per autorizzare forniture di armi agli oppositori. Mentre i ribelli attendono che la comunità internazionale faccia qualcosa, all'interno del Palazzo di Vetro ancora si studiano le diverse strategie di intervento. Sul tavolo «Atlantico» la possibilità di usare navi per distribuire aiuti alimentari ai libici e impedire le fornitura di armi al regime del Raìs. Dalla Nato, ancora nussun accordo sulla no-fly zone. Il segretario generale, Anders Fogh Rasmussen, ha spiegato che l'Alleanza «non intende intervenire in Libia», ma si sta preparando «per ogni eventualità». Stufi di aspettare, gli Stati Uniti e alcuni Paesi Nato (Con Francia e Gran Bretagna in prima linea) stanno valutando la possibilità di imporre una no-fly zone in Libia anche senza l'autorizzazione dell'Onu ma con il supporto dei principali attori della regione, aspettando il sì della Lega araba.  

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