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Vogliamo una legge sulle primarie

Il voto delle primarie del Pd

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È stato Walter Veltroni a tirare fuori una proposta che merita di essere discussa, quella di introdurre per legge il meccanismo delle primarie. per la scelta dei candidati alla presidenza del Consiglio ed eventualmente ad altre cariche elettive. Questo meccanismo, in Italia, è stato, come è noto, utilizzato soltanto dal centro-sinistra. Dal 2005 i suoi leader, da Romano Prodi a Walter Veltroni a Pier Luigi Bersani, sono stati tutti, e sempre, scelti facendo ricorso a questo meccanismo. Non è, naturalmente, provato (ed è difficile che lo sia) che il meccanismo abbia fornito buoni risultati. Ha però offerto ai politici di centro-sinistra un'importante arma demagogica. Ha consentito loro di poter affermare che, il leader della coalizione di centro-sinistra, a differenza di quello del centro-destra aveva una investitura popolare. Intendiamoci. Si trattava e si tratta, in sostanza, di una risposta polemica alla valanga di consensi personali raccolti da Berlusconi in tutte le campagne elettorali e considerati da lui stesso base di una indiscutibile legittimazione popolare che sarebbe riconfermata continuamente dalle limitate fluttuazioni dell'indice di gradimento. In realtà Berlusconi non aveva, e non ha, tutti i torti a lasciar intendere che il consenso attorno al suo nome, per le dimensioni e le modalità che lo hanno caratterizzato, sia una manifestazione di quella «democrazia diretta» che il popolo italiano, in maggioranza, sembrerebbe voler contrapporre ai meccanismi della "democrazia parlamentare" classica fondata sui giochi e sui giochini di partiti e parlamentari.   Il che, per inciso, pone davvero, e con urgenza, il problema di una profonda revisione della carta costituzionale per adeguarle alle esigenze o alle richieste di un sistema politico nuovo che, piaccia o non piaccia, è andato affermandosi. In questa situazione, indipendentemente dalle motivazioni propagandistiche e demagogiche del centro-sinistra, il tema di una regolamentazione per legge delle primarie diventa importante, e al tempo stesso degno di essere preso in considerazione, perché si inserisce nel discorso relativo a una possibile revisione della legge elettorale e anche, più in generale, nel discorso di ammodernamento dell'edificio istituzionale. In effetti, l'istituto è storicamente collegabile a sistemi politici bipolari o bipartitici come quello nord-americano, dove cominciò ad affermarsi a partire dalla seconda metà del secolo XIX. È un istituto, in altre parole, funzionale a quel sistema che, sia pure in maniera surrettizia, è andato costituendosi in Italia, nell'Italia di Berlusconi. Il centro-destra, fino ad oggi, ha mostrato di non essere interessato alle primarie. Non vi ha mai fatto ricorso. E il motivo, del resto, è ovvio. Il centro-destra è nato grazie a Berlusconi, si è sempre riconosciuto in lui. Il problema di un leader alternativo, almeno fino a quando il Cavaliere vorrà guidarlo, non si pone neppure. Proprio per questo, però, paradossalmente, esso diventa attuale anche per il centro-destra. E lo diventa in una prospettiva di riforma del sistema politico, attraverso interventi di ingegneria politica che tocchino i sistemi elettorali. Il principio della consultazione preventiva degli elettori per la scelta dei candidati al Parlamento, anche mantenendo l'attuale sistema di liste bloccate, oltre che per l'indicazione del candidato premier è un'ipotesi attorno alla quale alcuni ambienti del centro-destra stanno lavorando. Ma non è la sola. In fondo, da un punto di vista politico, per il centro-destra cambierebbe ben poco dall'introduzione per legge dell'obbligo di ricorrere alle primarie prima di ogni consultazione elettorale. Cambierebbe ben poco, perché, in presenza di Berlusconi, il risultato sarebbe scontato e rafforzerebbe, semmai, quella legittimazione popolare tanto cara al Cavaliere. Ma cambierebbe, o potrebbe cambiare, molto in una prospettiva futura. A patto, però, che, accanto alla regolamentazione per legge di eventuali primarie per la scelta del candidato premier, si metta mano a una riforma complessiva della Costituzione che la renda non solo più moderna ma congruente con la logica della "democrazia diretta" e di un sistema politico semplificato.  

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