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Rischio petrolio

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Il governatore di Bankitalia Mario Draghi

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Il Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, entra nel merito della crisi libica, con una stima dell'impatto del caro petrolio innescato dalla rivolta contro il colonnello Gheddafi. L'occasione è l'assemblea dell'Assiom-Forex, il convegno annuale degli operatori del mercato dei capitali che si chiude oggi a Verona. «Nella nostra economia un aumento del 20% del prezzo del petrolio determina, ceteris paribus (cioè a parità di tutte le altre condizioni ndr) una minor crescita del prodotto di mezzo punto percentuale nell'arco di tre anni» ha spiegato il numero uno di Via Nazionale mettendo in evidenza come «le drammatiche vicende» in Libia e nell'Africa settentrionale, «a cui stiamo assistendo possano indebolire gli investimenti nell'industria petrolifera dell'area, far rincarare l'energia, con ripercussioni sulla crescita mondiale». Un allarme che tocca particolarmente l'Italia che cresce con una media attorno all'1% all'anno. Una bassa crescita che colpisce soprattutto i giovani. Ancora loro al centro dell'attenzione di Bankitalia perché rappresentano il capitale umano migliore che rischia di deprezzarsi. Soprattutto per la demotivazione conseguente alle loro condizioni nel mercato del lavoro. «I salari di ingresso, in termini reali, sono fermi da oltre un decennio su livelli al di sotto di quelli degli anni Ottanta».  «La recessione - ha aggiunto - ha reso più difficile la situazione. Il tasso di disoccupazione giovanile sfiora il 30%. Si accentua la dipendenza dalla ricchezza e dal reddito dei genitori, un fattore di forte iniquità sociale. Vi contribuisce fortemente la segmentazione del mercato del lavoro italiano, dove vige il minimo di mobilità a un estremo, il massimo di precarietà all'altro» chiosa il Governatore. E non aiuta in questo la crescita di ricchezza italiana che stenta da 15 anni. Per questo servono riforme coraggiose. Bisogna proseguire, avverte il Governatore di Bankitalia, sulla strada del risanamento dei conti pubblici e del contenimento della spesa corrente anche oltre il 2012, perché, lo ripete ancora una volta, non si può agire su altri fronti per allentare la pressione fiscale, che resta di oltre tre punti superiore alla media Ue. Un carico di tasse che deve essere ridotto con l'eventuale arrivo di risorse dalla lotta all'evasione, da cui trarre alimento anche in vista dell'applicazione del federalismo fiscale per compensare a livello centrale eventuali aumenti del prelievo decentrato. All'invito di Draghi risponde a stretto giro il premier Berlusconi: «L'aumento contenuto del pil è dovuto ai molti handicap che l'Italia si porta dietro, come il debito pubblico, una pubblica amministrazione e una giustizia civile inefficienti o la mancanza di centrali nucleari che fanno salire il costo dell'energia, tutti problemi rispetto ai quali «il governo non ha la bacchetta magica».

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