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Tensioni in Parlamento e Fini attacca il governo

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Fini con il capogruppo dei

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Ormai è odio. Un'insofferenza reciproca che sta trascinando il Pdl e Gianfranco Fini in una battaglia di logoramento che ieri si è trascinata fin dentro Montecitorio. Due i protagonisti, da una parte il capogruppo del Pdl Fabrizio Cicchitto e dall'altra il presidente della Camera, che sono riusciti a trasformare delle semplici dichiarazioni di voto sul decreto Milleproroghe in dichiarazioni di guerra. L'ennesima dimostrazione della non terzietà di Fini che, sentitosi accusato da Cicchitto di «essere in uno stato di conflitto tra il suo ruolo di presidente dell'assemblea e la sua attività politica, cosa che determina una situazione istituzionalmente insostenibile», ha colto la palla al balzo per gettare benzina sul fuoco: «Sì, caro presidente, è vero, siamo in una situazione istituzionalmente insostenibile». Fini, così, lancia l'ennesima stoccata al governo. E si diverte talmente tanto nel suo ruolo di accanito antiberlusconiano che, concede ulteriore tempo a Cicchitto per permettergli di concludere il suo discorso: «Siccome immagino di che cosa si tratti - commenta Fini - le concedo trenta secondi». Un'occasione che Cicchitto non intende perdere e che userà per rincarare la dose: «Lei si trova in una situazione di conflitto tra il suo ruolo alla presidenza della Camera e quello di leader politico, una situazione istituzionalmente insostenibile». Una battaglia che ha visto scendere in campo anche il capogruppo della Lega, Marco Reguzzoni, che aveva invitato Fini a «una uscita in meno e una giunta per il regolamento in più». Ma questo poco importa a Fini. Lui ormai è intoccabile ed è diventato l'icona dei giornalisti di sinistra che se lo contendono nelle loro trasmissioni. E, anche grazie a loro, Fini continua la sua battaglia auspicando le dimissioni del premier e, per quanto riguardava lui stesso e il suo ruolo istituzionale, ribadendo che da lì non se ne va perché «non ho vinto la presidenza della Camera per concorso».

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