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Napolitano: stop al Milleproroghe

Da sinistra il premier Berlusconi e il capo dello Stato Napolitano

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A Montecitorio la notizia arriva senza fronzoli: Napolitano boccia il Milleproroghe. Alla fine sarà meglio del previsto ma la tensione in Aula è palpabile. Con Borghesi (Idv) che legge dal suo Ipad le note delle agenzie e le comunica ai colleghi e Ventura (Pd) che chiede di fermare la discussione in Aula per capire cosa stia succedendo. Sarà il presidente Fini a sospendere la seduta e ad aggiornala a oggi. Napolitano parla di «prassi irrituale» che «contrasta con puntuali norme della Costituzione, delle leggi e dei regolamenti parlamentari, eludendo il vaglio preventivo spettante al Capo dello Stato in sede di emanazione dei decreti-legge». Tutto nero su bianco in una lettera ai presidenti delle Camere e a Berlusconi. Poco dopo sarà proprio il premier ad avere un colloquio al Quirinale.   La nota finale informa che «nel corso dell'incontro, il presidente del Consiglio ha convenuto sulle osservazioni di metodo formulate dal presidente della Repubblica». Severe le annotazioni di Napolitano, che sottolinea le norme estranee e incoerenti aggiunte al provvedimento originario, ribadendo che «il frequente ricorso alla posizione della questione di fiducia realizza un'ulteriore pesante compressione del ruolo del Parlamento». Non solo, il Capo dello Stato osserva che «a mio avviso non mancherebbero spazi, attraverso una leale collaborazione tra governo e Parlamento da un lato e maggioranza e opposizione dall'altro, per evitare che un decreto-legge concernente essenzialmente la proroga di alcuni termini si trasformi sostanzialmente in una sorta di nuova legge finanziaria dai contenuti più disparati». A questo punto il governo dovrà rimodulare testo e iter (c'è tempo fino al 27) e fare i conti con una nuova presa di posizione del Quirinale.   Anche perché Napolitano ammonisce che «a fronte di casi analoghi, non potrò d'ora in avanti rinunciare ad avvalermi della facoltà di rinvio, anche alla luce dei rimedi che l'ordinamento prevede nell'eventualità della decadenza di un decreto legge». Ora l'alternativa è proseguire con il testo attuale, sperando nella «clemenza» del Capo dello Stato mostrata da quel «d'ora in avanti» oppure puntare a un maximendamento con un testo modificato. Ma, fanno notare gli «ottimisti», la conclusione della missiva di Napolitano è chiara: «Mi riservo altresì, qualora non sia possibile procedere alla modifica del testo del disegno di legge approvato dal Senato, di suggerire l'opportunità di adottare successivamente possibili norme interpretative e correttive, qualora io ritenga, in ultima istanza, di procedere alla promulgazione della legge». Positivo il leader della Lega, Bossi: «Questa è l'ultima volta, ma passa». Dunque in serata, in un vertice a Palazzo Chigi con Letta e i capigruppo di Pdl e Lega, la maggioranza avrebbe deciso di ripresentare il testo senza modifiche. Attacca l'opposizione. Il richiamo del capo dello Stato al governo sul «milleproroghe» è giusto, il premier dovrebbe prendere «atto del suo fallimento» e dimettersi. Lo dice Rosy Bindi (Pd): «Il presidente Napolitano richiama giustamente un governo pasticcione e una maggioranza arrogante e miope al rispetto della Costituzione e delle regolari procedure legislative e parlamentari. È un'ennesima dimostrazione di incompetenza e la prova che il tirare a campare di questo governo allo sbando, paralizzato dai problemi personali del presidente del Consiglio, fa male al Paese e alla nostra democrazia. Berlusconi prenda atto del suo fallimento, prima se ne va e meglio è per tutti».

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