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Da Violante a Calvi, a sinistra si allarga il fronte garantista

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C'èchi pensa che esista un circuito mediatico-giudiziario che non fa bene all'Italia e alla giustizia. Dov'è la notizia? Che a pensare queste cose non sono solo Silvio Berlusconi e il centrodestra, ma anche due esponenti del Pd. E non di poco conto. Tre giorni fa era stato Luciano Violante ad aprire il dibattito con un'intervista al Corriere della Sera. L'ex presidente della Camera, ex magistrato, tacciato più di una volta di essere esponente di punta del partito giustizialista, aveva attaccato: «Cose del genere avvengono solo in Italia e in alcuni Paesi del Centro e Sudamerica. C'è un intreccio malato tra indagini e informazione. Non abbiamo ancora stabilito il giusto equilibrio tra riservatezza delle indagini, tutela dei diritti delle persone coinvolte e diritto dell'opinione pubblica di conoscere e controllare». «L'accertamento della responsabilità arriva troppo tardi - aveva spiegato - Interessano solo le indagini. Altrove il giudizio penale è distinto dal giudizio politico e da quello morale». E «le intercettazioni non finiscono sui giornali». E ieri, alla voce di Violante si è unita quella di Guido Calvi, ex parlamentare Ds, avvocato (tra i suoi assistiti Massimo D'Alema) e attuale membro laico del Csm. Anche per lui quello che sta succedendo è «una vera vergogna». «Quella che stiamo vivendo è una stagione infernale - ha spiegato intervistato dal Riformista -, che oltre a violare i diritti del cittadino ha danneggiato anche le stesse indagini, la genuinità della formazione della prova. La quale rischia di essere influenzata proprio dalla simbiosi, dallo scambio reciproco di documenti fra magistrati e giornalisti, che va ben al di là del circuito mediatico-giudiziario di Mani Pulite. Quanto all'inchiesta della Procura milanese, mi domando poi quale fosse l'urgenza di conoscere e pubblicare le carte, visto che i pm hanno chiesto il giudizio immediato». Quindi, dopo aver ricordato il progetto di legge presentato nel 1996 assieme Salvatore Senese per disciplinare l'uso delle intercettazioni («rimase su carta»), ha riservato una stoccatina al premier: «Mi chiedo perché non abbia mai trovato il tempo di far approvare un provvedimento civile e garantista su questo tema». Ma, tutto sommato, l'impressione è che il Cavaliere possa dirsi soddisfatto. In attesa di sapere se c'è un «giudice a Milano», ha scoperto che c'è «un giudice nel Pd». Nic. Imb.

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