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Napolitano: "No agli strappi mediatici"

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Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

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No agli strappi mediatici. Scende in campo il presidente della Repubblica e richiama tutti. Giornali, radio, tv, e in un certo qual modo l'aveva fatto già alcuni giorni fa. Stavolta è più esplicito e più netto. E richiama anche a garantire un giusto processo. Perché, spiega, fuori di questo quadro, ci sono solo le tentazioni di conflitti istituzionali e di strappi mediatici che non possono condurre, per nessuno, a conclusioni di verità e di giustizia». Le parole del Capo dello Stato arrivano nel bel mezzo delle polemiche sulle intercettazioni che dilagano sui giornali e che irrimendiabilmente stanno avendo il loro effetto anche a livelo internazionale. Accade tutto in mattinata, quando il presidente della Repubblica riceve i membri di vertice del Consiglio Superiore della Magistratura. Non è possibile raccontare l'incontro perché si svolge a porte chiuse e bisogna affidarsi a quanto rivela un comunicato diffuso dal Quirinale nel primo pomeriggio. Innanzitutto si spiega che «il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha ricevuto al Quirinale il comitato di Presidenza e una rappresentanza del Csm per la consultazione da tempo richiestagli su questioni specifiche di ordinamento dei lavori del plenum del Consiglio. Il presidente ha convenuto sui criteri già adottati in quanto coerenti con il tendenziale superamento di tradizionali rigidità nei rapporti tra i componenti del Consiglio per effetto delle diverse appartenenze elettive». Successivamente si svolge un incontro tra Napolitano e il vicepresidente del Csm, Michele Vietti e i componenti di diritto del comitato di Presidenza del Csm che «gli hanno espresso la preoccupazione e l'inquietudine del Consiglio e della magistratura per l'aspro conflitto istituzionale in atto». La risposta del Capo dello Stato è chiara: «Il presidente della Repubblica ha richiamato le sue recenti dichiarazioni in occasione della Giornata dell'informazione, allorché ebbe modo in particolare di porre in evidenza che "nella Costituzione e nella legge possono trovarsi i riferimenti di principio e i canali normativi e procedurali per far valere insieme le ragioni della legalità nel loro necessario rigore e le garanzie del giusto processo. Fuori di questo quadro, ci sono solo le tentazioni di conflitti istituzionali e di strappi mediatici che non possono condurre, per nessuno, a conclusioni di verità e di giustizia"». Non è un caso che si faccia esplicito riferimento a quella frase pronunciata il 21 gennaio scorso. In quell'occasione, era scoppiato il caso Ruby giusto da una settimana, era venerdì e il presidente della Repubblica era già intervenuto il martedì precedente. Aveva voluto mettere in chiaro che non esisteva asse tra il Quirinale e Palazzo Chigi come si era voluto far credere. Nella nota del martedì infatti si era detto «ben consapevole del turbamento dell'opinione pubblica» e aveva indicato «le previste sedi giudiziarie» come sede propria del chiarimento della vicenda per la quale il presidente del Consiglio è accusato di «gravi ipotesi di reato». Piuttosto aveva indicato una via: «Occorre, nell'immediato, scongiurare ulteriori esasperazioni e tensioni che possono solo aggravare un turbamento largamente avvertito e riconosciuto e suscitare un effetto di deprimente lontananza dallo sforzo che si richiede per superare le molteplici prove cui la comunità nazionale deve fare fronte». Infine aveva auspicato: «Un valido equilibrio è sempre indispensabile nel rapporto tra chi è costituzionalmente deputato ad esercitare il controllo di legalità e ha specificamente l'obbligo di esercitare l'azione penale, e chi è chiamato, nel quadro istituzionale e secondo le regole della Costituzione, a svolgere funzioni di rappresentanza democratica e di governo». Di qui la frase richiamata nell'incontro con Vietti di ieri al Quirinale. Frasi dunque che vengono rivolte ai giornali, ai media. Ma anche alla magistratura. Un intervento che arriva proprio nel momento in cui è in corso una furibonda battaglia tra poteri dello Stato. Battaglia che Napolitano in tutti i modi ha provato a evitare. Forse non con i risultati sperati.  

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