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Nuova Costituzione Così l'Italia riparte

Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti

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La rivoluzione liberale fa un passo avanti. Un avanzamento importante che passa dalla revisione della Carta Costituzionale per integrarla con un termine che, a oggi, compare una sola volta nei 139 articoli che la compongono. E cioè: «Impresa». Ieri il Consiglio dei ministri ha messo nero su bianco la riforma di tre articoli, il 41, il 97 e il 118, che oltre ad avere un significato simbolico accelerano il processo di sburocratizzazione delle regole economiche. I paletti e i lacci che impediscono di iniziare e svolgere attività imprenditoriali con semplicità ora si scontreranno con norme fondamentali dello Stato. Un urto fatale. Le leggi che non consentono sviluppo, anzi lo ostacolano, non avranno più la copertura di una Costituzione ibrida che ha scientemente subordinato l'iniziativa privata alla funzione sociale. Cambia tutto. Si spera. Addio al potere di interdizione di norme cavillose e taglia iniziative. Una frattura di sistema individuata e accentuata dalla revisione costituzionale. È il pezzo forte del piano di rilancio sostenuto dal governo Berlusconi. La voglia di cambiamento c'è. Certo i tempi non saranno brevi viste le lunghe procedure che ci vogliono per l'approvazione di un disegno di legge costituzionale. Ma la prima pietra è stata messa. Il principio «cardine» del nuovo articolo 41, come ha detto ieri Berlusconi, è che sarà «permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge». Il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi ha parlato di «riforma storica». Cambierà anche l'articolo 97 che introdurrà il «merito» nella pubblica amministrazione, parola sinora sconosciuta nella macchina statale che, in ossequio a logiche sindacali anni '70, ha sempre privilegiato la politica degli incentivi a pioggia. Tutto a tutti dunque. Anche ai fannulloni. Non manca una nuova formulazione dell'articolo 118 con il quale Stato ed enti locali sono chiamati a «garantire» l'autonoma iniziativa dei cittadini sulla base del principio di sussidiarietà. Lo Stato dovrà diventare un alleato di chi fa impresa e non, come ora un socio scomodo e invadente. Fin qui la Carta. Ma la scossa che il Cav spera di dare al Paese passa anche dalla riforma degli incentivi alle imprese. Che ha passato ieri l'esame del Cdm in via preliminare perché il decreto legislativo dovrà comunque tornare a Palazzo Chigi. Non è cosa da poco. Arrivano crediti di imposta e voucher, attenzione per le Pmi e il Sud. Nuova linfa anche al Piano Casa, mai decollato non certo per l'inerzia del Governo ma solo perché la concreta attuazione sui territori spetta alla Regioni. Lente e riflessive. E ancora una volta conservatrici. Sul piano casa Calderoli ha annunciato un decreto legge, che potrebbe essere approvato in uno dei prossimi cdm, per «togliere gli ostacoli burocratici» almeno a livello statale. Sul piano Sud si conferma l'impianto di novembre e il ministro Raffaele Fitto ha indicato nel 30 aprile la data entro cui il pacchetto di provvedimenti di attuazione sarà avviato. «Fuori sacco», e dunque non nella lista ufficiale, il Cdm ha dato via libera anche al piano per l'efficienza della giustizia. Il Guardasigilli Angelino Alfano ne ha spiegato la «ratio»: «Nel nostro Paese non c'è solo il debito pubblico ma anche uno giudiziario», rappresentato nel civile da uno «zaino di piombo» di 6 milioni di vecchie cause. Per smaltirle il governo ha deciso di mettere in campo una nuova figura: il «giudice ausiliario», vale a dire magistrati onorari scelti tra avvocati dello Stato e magistrati in pensione non oltre i 75 anni di età. Saranno 600 e verranno pagati 20 mila euro l'anno (la spesa complessiva stimata è di circa 12 milioni di euro l'anno) e - secondo le stime del ministero della Giustizia - dovrebbero produrre almeno 100 sentenze all'anno (60 mila in totale), così da abbattere l'arretrato «entro il 2015». Non passa invece il ddl concorrenza, che tra l'altro prevedeva la riforma della rete dei carburanti. Le misure contenute non sarebbero a costo zero. Ma la lenzuolata è solo rinviata.

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