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Fini slitta ancora a sinistra Berlusconi apre le sue porte

Silvio Berlusconi

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Lo chiamano «allargamento variabile». Sarà forse l'ultima bizzarra formula partorita dalla politica italiana. Dopo le maggioranze variabili, l'allargamento a seconda dei provvedimenti e delle condizioni. Silvio Berlusconi è tranquillo sui numeri della Camera. In settimana dovrebbe essere ufficializzato il passaggio di Aurelio Misiti nel gruppo dei Responsabili. Si attende l'arrivo anche dei due liberaldemocratici Melchiorre e Tanoni. E per il momento non ci saranno altri ingressi. Gli uomini del Cavaliere aspetteranno il fine settimana, il congresso di Fli per la precisione, convinti come sono che segnerà un ulteriore slittamento a sinistra. I vertici del Pdl sono certi che Fini risponderà positivamente all'ipotesi di accordo lanciata da Massimo D'Alema, ovvero la «santa alleanza»: tutti assieme contro il Cavaliere. Forse da qui a domenica il presidente della Camera potrebbe scegliere formule più soft, tipo «stare assieme ma solo per archiviare Berlusconi e per varare riforme condivise, poi ognuno per la sua strada». Se così sarà Fli abbandonerà i lidi del centrodestra. Chi lo ha capito bene è il direttore di FareFuturo, Alessandro Campi, che ieri ha fatto sapere che non andrà a Milano: «Non sono un uomo per tutte le stagioni. Siamo passati dalla critica a Berlusconi all'invettiva, e mentre sulla critica lo abbiamo messo in difficoltà, con l'insulto sposiamo tesi su cui la sinistra perde da quindici anni», ha dichiarato al sito linkiesta.it. Al di là delle parole che Fini userà (negli artifici dialettici è un maestro), lo spostamento a sinistra è già nei fatti in alcune realtà fondamentali. A Benevento, il capogruppo al Senato Pasquale Viespoli si appresta a lanciare come candidato a sindaco Carmine Nardone, ex deputato Ds. A Torino si prepara un appoggio soft a Piero Fassino, ipotesi che sta mandando su tutte le furie Roberto Rosso che aveva mollato il Pdl per i futuristi. Discorso diverso per Napoli dove Silvio Berlusconi ha appena ricevuto un sondaggio che darebbe vincente alla grande Mara Carfagna, ben oltre il 50% dei consensi. Ma il Cav non vuole bruciarla per una partita così dura e complessa come il governo di quella polveriera che è il capoluogo partenopeo. Se fosse lei Fli non avrebbe problemi a sostenerla. In alternativa Berlusconi potrebbe calare l'industriale Gianni Lettieri, che pure piace ai finiani. Piccole partite che hanno un peso nello scacchiere nazionale. Perché se effettivamente il fine settimana consegnerà un Fini nelle braccia di D'Alema (sabato hanno pronunciato le stese parole sul decoro delle istituzioni e l'identica difesa del Quirinale) altri all'interno di Futuro e Libertà avrebbero serie difficoltà a rimanere dentro. I nomi sono sempre quelli anche se lo strappo più dirompente potrebbe arrivare al Senato, dove il gruppo dei finiani ha giusto dieci membri, la soglia minima per avere una propria formazione. Basta che Pontone, Digilio, Menardi o qualcun altro decida di uscire e Fli si scioglie al Senato. Berlusconi per ora sta a guardare. Tira dritto. Domani il consiglio dei ministri varerà la scossa economica (in attesa che arrivi quella giudiziaria). E già quella servirà in Parlamento a provare l'allargamento variabile. Ovvero a trovare numeri oltre l'attuale maggioranza. Con i Radicali o con i finiani che non se la sentono ancora di uscire dal loro partito. Anche se con Pannella Berlusconi vorrebbe fare un discorso più ampio nella partita più complessa della Giustizia. Spera che magari non direttamente, viste le resistenze pesanti di Emma Bonino, ma indicando un suo uomo capace di mettere mano alla riforma della Giustizia. Intanto va avanti sul processo breve. Altro capitolo è quello del biotestamento che sta per riprendere il suo cammino alla Camera. E su quel provvedimento è possibile che Pdl e Lega vadano oltre i loro confini abituali aprendosi anche a spezzoni di cattolici che sono nell'Udc o nel Pd. Silvio dunque prova a giocare su più tavoli, e proprio per questo il rimpastino lo varerà in più tempi. Prima Saverio Romano ministro (al posto di Ronchi) e Massimo Calearo viceministro (al posto di Urso) e qualche sottosegretario come Nunzia De Girolamo all'Agricoltura (al posto di Buonfiglio). Poi il resto.

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