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Napolitano boccia: riforma irricevibile

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

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Il decreto è «irricevibile». Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano rimanda al mittente il testo sul federalismo municipale che l'altroieri, dopo il pareggio in Bicamerale, era stato varato dal Consiglio dei ministri. Sembrerebbe l'ultima tegola che cade su un governo già provato dalle indagini giudiziarie e dalle contrapposizioni politiche. Invece no. Perché stavolta lo stop di Napolitano al federalismo, motivato da una questione procedurale, finirà per essere di grande aiuto al Cavaliere e alla sua maggioranza. I tempi di approvazione del testo si allungheranno di due-tre settimane, secondo le previsioni del ministro Calderoli, ma a questo punto il passaggio parlamentare non fa più paura. Infatti non solo la maggioranza c'è ma continua ad allargarsi e quindi il decreto non avrà problemi a ricevere il via libera. Del resto la richiesta della Procura di Milano di perquisizione degli uffici del tesoriere di Berlusconi è stata respinta pochi giorni fa con 315 voti, cioè la maggioranza assoluta dell'assemblea visto che il presidente della Camera non vota. A cui bisogna aggiungere comunque il voto del presidente del Consiglio, che giovedì non era a Montecitorio. Fanno 316. Bastano e avanzano per approvare il federalismo. Ma questo non è tutto. Perché la decisione del Capo dello Stato rischia invece di far scoppiare il Pd. Non sarà facile, infatti, per i deputati democratici del Nord bocciare in Aula il provvedimento targato Lega. Negli ultimi giorni alcuni parlamentari dell'opposizione hanno espresso le loro perplessità. L'hanno fatto pubblicamente per evitare di perdere la faccia di fronte ai propri elettori che l'autonomia finanziaria la vogliono eccome.  Eppure avevano tirato un sospiro di sollievo, sapendo che non era necessario il passaggio in Aula. Meglio quello nella Commissione bicamerale. Mica sarebbe stata colpa loro il naufragio del testo, vittima della parità di voti e della scelta del finiano Baldassarri di bocciare il documento. Dopo la frenata di Napolitano si ricomincia. E chi rischia grosso è proprio il Partito democratico. Lo stesso sindaco di Torino e presidente Anci, Sergio Chiamparino, pur sottolineando la precarietà della maggioranza, ha più volte espresso la sua approvazione al testo che peraltro è stato rivisto proprio per accogliere le proposte degli amministratori comunali. Come farà adesso il Pd a giustificare un voto contrario? Sarà inevitabile il solito maldipancia che porterà, prevedono in Transatlantico, a distinguo, proteste e, magari alla fine, qualche assenza tattica. Non sarà difficile per l'esecutivo rimettere il testo in carreggiata. Nella lettera inviata al premier Berlusconi, il Capo dello Stato, infatti, ha motivato l'impossibilità di promulgare il provvedimento mettendo in evidenza la mancata comunicazione alle Camere «resa obbligatoria» quando «un decreto è in difformità dagli orientamenti parlamentari». Tra le righe traspare anche l'irritazione per un suo mancato coinvolgimento: «Non posso sottacere - scrive Napolitano - che non giova ad un corretto svolgimento dei rapporti istituzionali la convocazione straordinaria di una riunione del governo senza la fissazione dell'ordine del giorno e senza averne preventivamente informato il presidente della Repubblica». Dal canto suo, il premier avrebbe concordato col sottosegretario Letta e gli esponenti leghisti di rassicurare Napolitano. Bossi dunque avrebbe chiesto un colloquio con il Capo dello Stato garantendogli che si «recherà con il ministro Calderoli in Parlamento a dare informazioni sul decreto». Sulla vicenda intervengono anche i presidenti di Camera e Senato. In una nota congiunta Fini e Schifani hanno risposto indirettamente a chi aveva criticato la composizione della commissione bicamerale (con l'uscita di Fli, Pdl e Lega non hanno più la maggioranza): «Qualora venga chiesto dai gruppi interessati - scrivono - nulla osta ad effettuare una verifica della composizione».

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