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Il golpe dei futuristi I finiani pregano "Sant'Ilda Boccassini"

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Il pm Ilda Bocassini

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Enzo Raisi si ferma un attimo alla bouvette. Un caffè. Si stropiccia gli occhi con i palmi delle mani, i gomiti appoggiati al bancone del bar della Camera. «Sono stanco, sto lavorando troppo». Su, onorevole, non faccia così. La vita all'opposizione è pure più facile, meno impegni. «Questo lo dice lei», s'inalbera il deputato di Fli. E spiega: «Ho fatto una scommessa impossibile. Fini viene a Bologna, la mia città. Ho preso una sala da mille persone. Rischio. O la va o la spacca». Sarà così difficile? «Certo. Perché siamo in una città rossa. E poi c'è il clima... Un clima negativo. Mi vergogno di essere deputato. C'è un clima di schifo nei confronti della politica, di tutta la politica. E anche quest'inchiesta sulle donne, Ruby e quant'altro sicuramente ha contribuito ad aumentare la distanza tra gente e politica. Non ci fa piacere, ma sarà così. Sempre di più». Come sempre di più? Raisi cerca di svicolare, si allontana. Poi si lascia scappare: «Arriveranno le foto, i filmati in alta risoluzione». Ma come Raisi? «Sì, sì. Le foto. Ce ne saranno diverse. Pure i video e altro ancora». Ma il procuratore di Milano ha detto che non sono rilevanti... «Saranno pure irrilevanti ma impressionanti sì. Voglio vedere quando verranno fuori». Scusi, ma lei non era garantista? Raisi s'arrabbia: «Io sono garantista. La cosa paradossale è che io, Urso e insomma tutta l'ala garantista di An siamo con Fli. Gasparri, La Russa e i forcaioli con il Pdl. E il Pdl va contro i magistrati... Ora la saluto, ho da fare». E va via. Il clima è questo. I finiani sembrano i portavoce della Procura di Milano. Sotto sotto tifano per la Boccassini. E stanno in attesa che accada qualcosa. Alessandro Ruben è uno che non parla con nessuno. Appena vede un giornalista che gli va incontro, gioca d'anticipo e gli fa: «Ci sono novità?». Così mette subito in chiaro che lui non sa nulla e comunque non dice nulla. E tra un silenzio e un sospiro ammette: «C'è un'aria strana, non riesco a comprendere, come se stesse per succedere qualcosa. Lei che sa? Sa qualcosa?». Arriva Aldo Di Biagio, altro deputato futurista, che s'è appena procurato una ferita in mezzo alla fronte. Ci scherza su: «Sono andato a caccia, mi sono ferito con un ramo». Poi avverte: «Ne vedremo delle belle. Le inchieste non sono finite. Non solo foto, si parla di altre accuse. E guardi, il problema sarà soprattutto all'estero». Anche Benedetto Della Vedova la pensa così: «Ma lei provi a varcare le Alpi. Non appena parli con uno straniero ti devi fare mezz'ora di battute e battutine su Berlusconi e il bunga bunga». Raisi conferma: «Sono andato a Londra e pure un bancarellaro del Nepal mi prendeva in giro». Insomma, la speranza - dice un finiano che chiede anonimato - è sempre quella: Berlusconi si levi dalle scatole. La novità stavolta è che la speranza la chiamano «Santa Ilda Boccassini». Fabio Granata esulta: «Per Futuro e Libertà è stata una giornata importante: abbiamo bloccato il federalismo e votato compattamente a sostegno dell'inchiesta dei magistrati milanesi. Mette invece tristezza - dice - registrare l'entusiasmo sfrenato all'esito scontato del voto di tanti amici della Destra politica italiana, cresciuti nei comuni valori della militanza a difesa della legalità, ed oggi ridotti ad acclamanti e irriducibili sostenitori dell'impunità del premier. Almirante - conclude l'esponente di Fli - a guardarli si rivolterebbe nella tomba». La linea morbida ormai è stata del tutto cancellata all'interno di Fli. Roberto Menia è orfano di Silvano Moffa, ormai alla guida dei Responsabili. L'ex sottosegretario all'Ambiente si è completamente allineato alla componente bocchiniana e ha anche scritto un editoriale per Generazione Italia, il sito del capogruppo. E pensare che le colombe volevano candidare proprio alla guida del gruppo alla Camera contro Italo.   Scomparsi anche i garantisti. Giuseppe Consolo, per esempio, in Giunta per le Autorizzazioni aveva espresso perplessità sulla richiesta dei magistrati milanesi. E in Aula un altro deputato-avvocato come Nino Lo Presti è costretto ad ammettere l'«imbarazzo» per la situazione. E motiva così la scelta del suo partito: «Il nostro voto sarà contrario perché riteniamo che il presidente del Consiglio abbia il dovere, ma anche la necessità, di difendersi nel processo».

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