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Brigandì: «Nulla da cui difendermi»

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«LaProcura fa bene ad indagare». «Dimissioni? Non vi rispondo». Sono le affermazioni salienti che Matteo Brigandì, componente laico del Csm, ha rilasciato ai cronisti che si sono precipitati a Pecetto, sulla collina torinese, appena si è diffusa la notizia di una perquisizione da parte dei carabinieri. Seduto nel dehors del bar del colle della Maddalena, a due passi da casa, sotto un gelido sole invernale, Brigandì, insieme con il suo cane Max, uno splendido quanto imponente schnauzer nero, e fumando l'inseparabile sigaro, non entra nel merito della vicenda che lo vede indagato con l'accusa di aver fornito al Giornale carte riservate sul magistrato Ilda Boccassini. Però si dice «tranquillo» mentre con l'aria rilassata accompagna il cane al guinzaglio e accetta l'invito dei giornalisti per un semplice caffè. Molti i no comment anche alla domanda se sia già stato convocato dalla magistratura. Resta sul vago anche sulle due perquisizioni: nella casa di Cumiana, sempre nel torinese, e di Pecetto. Si limita a smentire le voci di un'altra perquisizione nel suo studio, perché non ha più uno studio.

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