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Reggiseni, calze e selleria: il bunga bunga diventa marchio

Griffe per profumi e biancheria

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Il bunga bunga diventa un marchio. Di reggiseni, calze, scarpe, bevande alcoliche, bar, ristoranti, articoli sportivi. Anche di fruste e strumenti ottici. È lungo l'elenco delle richieste depositate all'ufficio brevetti e marchi da aziende o singoli cittadini. È stata una vera e propria corsa per battere la concorrenza sul tempo. Nelle prossime settimane toccherà al ministero dello Sviluppo Economico dare il via libera alle registrazioni. Di certo nei primi giorni di novembre, quando la «sindrome» da bunga bunga era scoppiata solo da pochi giorni, i professionisti del marketing, i titolari di aziende o, più semplicemente, gli inventori de noantri facevano la coda all'ufficio brevetti. La prima a spuntarla, il 3 novembre scorso, è stata l'azienda Pompea spa, di Mantova. Fa calze e reggiseni e ha depositato il marchio «bunga bunga» per la classe 25, cioè articoli di abbigliamento, calzature, cappelleria. Spetterà poi ai creativi del gruppo inventare le scarpe bunga bunga o, forse più facilmente, un rivoluzionario reggipetto.  Il giorno dopo è stato un signore di Pescara a presentare la richiesta comprendendo le classi 9 (apparecchi e strumenti scientifici, nautici, fotografici, cinematografici, ottici), 28 (giocattoli e articoli per la ginnastica e lo sport), 41 (servizi di educazione, formazione, intrattenimento e divertimento). Il 5 novembre la sigla «bunga bunga» è stata depositata da due fiorentini che vorrebbero usarla come marchio per saponi, cosmetici, articoli di cuoio, scarpe, ombrelli e metalli preziosi. Lo stesso giorno un signore di Roma ha depositato la domanda per una freccia «con andamento ondulatorio, che indica verso destra» con sopra la scritta bunga bunga. Nei piani del richiedente servirà per biancheria, accappatoi, teli da bagno, tende ma anche portafogli, portachiavi, borse, detersivi e, tanto per non farsi mancare niente, bastoni da passeggio. C'è chi invece ha preferito la scritta «Bunga Bunga» con «la prima parola arcuata verso il basso e la seconda verso l'alto quasi a formare un cerchio». È il caso di un avvocato di Roma che ha incluso nei prodotti col nuovo marchio anche le decorazioni per alberi di Natale. Un esercente di Caserta ha presentato un simbolo più elaborato: «Quadrato rosso con scritta bianca "Bunga Bunga Bar". Le 3 scritte sono intrecciate tra di loro ad incastro, le tre B maiuscole sono uguali tra di loro». Ovviamente servirà come insegna di un nuovo locale (classe 43 ristorazione-alimentazione). Il 10 gennaio è stato depositato un altro marchio: «Bunga Bunga People». Servirà, si legge nella domanda, per «merletti, pizzi e ricami, nastri e lacci, bottoni, ganci e occhielli, spille e aghi, fiori artificiali». Ma anche «fruste e articoli di selleria». L'ultimo marchio, in effetti originale, è stato depositato da un residente nella provincia di Caserta il 27 gennaio: una scritta rossa e nera che recita: «I love women not bunga bunga», cioè «amo le donne non il bunga bunga». Così lo scandalo diventa made in Italy.

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