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Quelli che senza B. non esistono

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Gianfranco Fini

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Leggendo il faldone di intercettazioni sul Ruby-gate si deduce che il Cavaliere era diventato un bancomat per le stelle e stelline che volevano brillare nella notte di Arcore. Senza Silvio non si mangia, si scrivevano sui telefonini quelle brave ragazze sempre al verde. Ma quanti sono quelli che campano con il Cav? Quanti crociati dell'antiberlusconismo ossessivo rimarrebbero a secco di benzina se domattina ci svegliassimo e Silvio non ci fosse più? L'elenco è lungo. Partiamo dal Palazzo dove si agita la ciurma di naufraghi della politica senza uno straccio di idea se non quella di fare opposizione a Berlusconi, che si nutrono di colui che combattono: senza il Cavaliere perderebbero la bussola e si smarrirebbero nelle nebbie. A cominciare da Gianfranco Fini costretto ormai da mesi a fare il doppio turno alla catena di montaggio anti-Cav: il leader di Futuro e Libertà attraversa la penisola a caccia di nuovi adepti in vista dell'assemblea costituente di febbraio, a ogni fermata parte la predica. Ma se attacca Berlusconi sono applausi, se parla del programma son sbadigli. Nel day after Silvio, Bocchino la sera rimarrebbe a casa a guardare la televisione invece che starci tutte le sere dentro e i think-thank di Generazione Italia e Fare Futuro diventerebbero un laboratorio di ceramica. La bomba atomica del dopo Silvio devasterebbe tutto il Terzo polo dove anche Casini e Rutelli rischiano di rimanere senza lavoro e senza punti di riferimento. Perché sotto sotto lo invidiano, lo odiano perché non possono essere come lui. La stessa ipotesi della triplice alleanza poteva essere percorribile solo a condizione di mandare a casa Berlusconi. Era la condizione necessaria e sufficiente a far deflagrare la politica italiana. Ma è fallita. Alla lista si aggiunge chi gli deve lo sdoganamento, chi il piede libero. Chi gli deve gli aiuti di Stato, chi il lavoro per la moglie. Quelli che è tutto un «si deve dimettere», ad un «bisogna voltare pagina», da un «il PdL è finito», al sempreverde «il berlusconismo è acqua passata». Se non ci fosse Silvio, Di Pietro farebbe scena muta in Parlamento e l'Italia dei Valori perderebbe la sua ragione sociale. Certo, Tonino può sempre rifarsi con la missione di togliere voti al Pd: ci campa da tre anni. E infatti ci sono i Bersani, i Veltroni, i Franceschini, i D'Alema che sperano in un futuro senza Berlusconi per tornare al governo ma che se tornassero al governo avrebbero pure il coraggio di ammettere che con un' opposizione senza Silvio non sanno proprio come governare. Perché buttandola in filosofia spiccia, il Cav fa comodo alla sinistra che ha fatto dell'odio per Berlusconi un progetto politico, perché è la causa di tutti i mali e chi non gli fa la guerra come si conviene è egli stesso un male, è il capro espiatorio perfetto per anni di insuccessi e di fallimenti ideologici. Dar la colpa a Berlusconi è più facile che cercare la propria. Anche sui giornali chi tiene famiglia ma campa sul Berluska dovrà trovarsi una nuova collocazione. Che fine farebbero le penne anti-Cav che pubblicano libri sulle testate mondadoriane di Berlusconi e che ricevono lo stipendio anche grazie ai contributi pubblici erogati generosamente dal governo Berlusconi? E in tv chi telefonerà a Ballarò? Cosa racconteranno Travaglio e Santoro il giovedì sera ad Annozero? Come farà Vauro a rimpiazzare il nano nelle vignette? Come farà Grillo a riempire le piazze nel V-day senza un Silvio da mandare a quel Paese? E una Littizzetto orfana del Presidente costretta a parlare solo di Walter e di Iolande? E Fazio? E una Guzzanti costretta a perdere la faccia? E Benigni? E Paolo Rossi? Come si ricollocheranno tutti quegli onesti lavoratori che sul «mi consenta» hanno costruito una carriera, comici, attori, scrittori, che venderebbero meno libri, meno dvd, farebbero meno share, meno biglietti a teatro? E anche nei salotti dei fighetti di sinistra, immaginatevi lo psicodramma. Comitive di amici che si sfasciano. Gruppi di Facebook che si scindono. Chat di adepti che si pongono di fronte al dilemma: torniamo a prendercela con Bersani?   «Berlusconi e il berlusconismo sono il punto di riferimento più forte dell'antiberlusconismo», ha ammesso qualche giorno fa il sindaco di Firenze Matteo Renzi che tanto di destra non è ma sa usare il cervello. Perché anche i detrattori ossessivo-compulsivi devono ammettere che dopo Silvio niente sarà come prima. E cosa c'è dopo? Buio fitto. Se Berlusconi passerà, passeranno con lui anche gli antiberlusconiani a tempo pieno, i duri e puri dell'opposizione, i santoristi satellitari e i Reportisti, i kamikaze del popolo Viola. Quelli che non si arrenderanno mai. Ma gli conviene davvero?

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