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L'uomo nero e la morale

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Silvio Berlusconi

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C'è sempre qualcosa che viene prima della vicenda storica. Sempre. C'è sempre un'origine non originata, qualcosa di apparentemente intangibile, eppure così decisivo e cogente, che serra la realtà nel suo porsi nel quotidiano. E nella storia. La storia di Berlusconi, i diciassette anni della sua epopea - perché di questo si tratta -, la sua baldanza ludica e sproporzionata rispetto alle misure della Burocrazja linguistica e politica, tutto questo ha segnato in lungo e in largo l'essere del nostro Paese. E continua a segnarlo profondamente. Ma: c'è un «ma». Un nodo che, a rovistarlo da cima a fondo, ci fa arrivare da un'altra parte. Sì, perché la «storia italiana» di Mister B. è la nostra storia. Questo dato consegna Berlusconi all'umanità insopprimibile in ciascuno di noi. È fin troppo scontato, per noi, inscrivere l'ultima vicenda di Citizen Berlusconi nel gorgo giudiziario-politico, che decreta il regime poliziesco ultimativo della magistratura: tolta di mezzo la rivoluzione sociale a mezzo di legulei incalliti, non rimane che la testa del Cavaliere Nero. E sia, ma, ripeto: c'è quel «ma» insistente che risulta osceno per molti, in questo dannato e beato Paese: Berlusconi è un uomo. La sua carne è come la mia carne. Il suo corpo - così minuziosamente indagato dal Codice Linguistico delle procure e dei delegati alla Riforma Morale Giacobina - appartiene ad un mondo che è il nostro. La politica non c'entra e la scena non può essere riempita dai faldoni giudiziari. Quando si rinchiude l'Uomo Nero nel Circolo Pickwick del male e da questo teorema si trae l'assioma secondo il quale niente possa essere risparmiato all'Uomo in quanto Uomo, siamo all'inferno di cartapesta dei giacobini senza Dio. Questo è il punto. Gli uomini - tutti! - sono legni storti. Sbagliano. Peccano, diciamolo chiaro e tondo. Ma il perdono è il padre della civiltà umana. Anche di quella laica. Prendere a pretesto - pre-testo, perché poi la storia va da un'altra parte, sempre - i limiti umani di Berlusconi, rendendo reato ciò che, invece, è peccato e limite originario, suo e nostro, è atto diabolico che costerà la vita e la dignità di chi lo compie. Se il criterio è questo e si salda ad una visione del mondo oscura e dis-umana, siamo in un brutto gorgo, inesplicabile con la nuda pietà e ascrivibile soltanto alla ferina violenza sull'uomo. La società del controllo. La politica è soltanto il pre-testo per schiantare a tutta birra l'auto della civiltà contro il muro. «We don't need education». Non abbiamo bisogno di «questa» educazione alla dis-umanizzazione come esperimento di controllo totale sugli uomini e sulla società. L'uomo «perfetto» racchiude in sé il verminaio della dannazione: il meglio è nemico del bene. Il cosiddetto Bene. Il Bene creduto e adorato da una casta di intoccabili. Fin troppa devozione, in una società nichilistica. La devozione postmoderna all'artificio della perfezione, solo in salsa etica: devi essere perfetto, se no, in galera. Con Citizen Berlusconi, c'è trippa per gatti, perché lui è annoiato dalla perfezione, grazie a Dio, preferisce l'affermazione di una vita per quel che è: materia da salvare. Il «perfettismo» fa male alla salute. Rende schiavi di una singolare servitù volontaria: la gogna ad uso popolare. Questo è il vero populismo, dis-umano. Per quelli che, sul treno, sbertucciano Berlusconi, e poi, sotto sotto, vorrebbero essere come lui e non lasciarsi scappar via niente dalle grinfie, in questa vita. Così fan tutti. Fango da salvare.  

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