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In nome del Papa Re

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Papa Benedetto XVI

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Il Papa-Re. Con il trattino. Un'endiadi perfetta. Dunque: Papa e Re. La reggenza è inscritta nelle cose, non soltanto nella missione specifica del Vicario di Cristo. Don Orione declinava questa visione con una celebre esclamazione, che al partito clerical-progressista suonerebbe oggi ancora pre-conciliare, dunque l'incarnazione del diavolo: «La nostra fede è il Papa». Da questa sacrosanta verità cattolica - ergo: universale, come recita l'ètimo della «Catholica» - scaturisce il pensiero e l'azione di quei politici cattolici, schierati soprattutto nelle file del Pd, alla ricerca di un «centro di gravità permanente». Quest'ultimo non può che essere il Papa-Re. Non stiamo parlando di una teocrazia, magari riveduta e corretta, alla Guénon o alla Schuon, pensatori notevoli ma irrimediabilmente gnostici. Gesù è stato chiaro in proposito: «A Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio». Punto. La laicità nasce in senso alla cristianità. Cristianità vuol dire civiltà basata sulla verità cristiana. Da ciò si coglie il limite strutturale e culturale del laicismo nostrano, che confonde l'agnosticismo con il nichilismo e la laicità con il più becero relativismo. Nessuno come il teologo e filosofo Ratzinger si è contrapposto a questa concezione tanto errata quanto «edificante». Sì, «edificante», perché, in ultima analisi, si auto-rassicura contando sulla forza delle lobbies e dei salotti della gauche-caviar e della droite-caviar, quest'ultima in imbarazzante stato confusionale. Ma questo stato di cose non fa velo alla verità del pensiero solido e autenticamente significativo, prova ne sia che, da un lustro a questa parte, pensatori come Habermas e Nancy, dialogano soltanto con questo Papa, in misura diversa e più o meno direttamente. Ma il dialogo c'è, eccome. Solo fra chi ha qualcosa da dire ed ha un pensiero a tutto tondo, esiste come pensatore. In ambito politico, l'Italia sta diventando il laboratorio della terza crisi delle grandi narrazioni. La prima data dalla fine degli anni '70, in realtà, con la prima disgregazione della sinistra, nel dopo-Moro, per intendersi. La seconda emerge con il post-1989 e vede la sinistra impreparata e anzi incarognita contro il sistema dei partiti, gesto a dir poco suicidario. Terza fase: la sinistra diventa il covo dei nichilisti un tanto al chilo e la destra-che-fu la segue fino al baratro. Risultato: il deserto nel quale sopravvive il berlusconismo come collante, ancorché non di recente fabbricazione, di varie culture politiche, anch'esse residuali. Sto parlando di sopravvivenza. Ma nel deserto fioriscono anche gli aranci, come ci insegnano gli ebrei, e la fioritura la dobbiamo al Papato. Ecco, dunque, il fatto nuovo di cui rendere conto e dare ragione: è la politica a cercare il Papa. Con tensione e attenzione senza pari nella storia. Nell'èra post-ruiniana, non si dà più come prima la mediazione della Cei nello spazio politico, mentre cresce a vista d'occhio il rilievo oggettivo del Papa come figura religiosa, sapienziale e meta-politica. Circa 200 parlamentari attendono di ascoltare il Papa all'Angelus perché solo dalla bocca del Vicario di Cristo escono fuori parole millenarie gonfie di inesauribile veracità. Altrove, nei palazzi e negli spazi sociali, sindacali e culturali, è tutto un attacco alla fede, alla famiglia, alla società, alla libera intrapresa, sempre difesa dalla Chiesa, alla verità, alla nostra civiltà. Niente viene risparmiato: uomini e rovine. Uomini che gridano nel nulla delle rovine. Carl Schmitt scrisse un saggio che ci illumina, oggi, fin dal titolo: «Cattolicesimo romano e forma politica». Traduco: il cattolicesimo romano dà forma alla politica. Ci troviamo nell'oggi: de te fabula narratur. Il Cappellano di Montecitorio, Monsignor Leizzi, che ha accompagnato i parlamentari, ha condotto la smarrita politica di fronte al tempio della verità. Se tutto si sfascia e niente appare saldo agli occhi degli uomini, solo la verità immutabile e la filosofia perenne del Papa possono dare risposte capaci di riaprire domande nuove. Rimettendo, così, in moto anche la politica, ridotta al suo grado zero. Pio XII fu il riferimento di Roma e del mondo mentre la furia nazista si accaniva contro gli innocenti. Oggi il testimone è passato ad un altro grande Papa. Vicino a Pio XII per molti aspetti, a cominciare dalla sua idea di Chiesa. Un Papa che prega, pensa e segue coerentemente la verità. Un Papa-Re.

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